domenica 18 marzo 2007

I cartoni animati attraverso gli occhi di una pistoiese ventiseienne

Ieri sera, a casa da Crampo e l'Angelina, ci siamo messi a parlare dei cartoni animati della nostra infanzia, analizzandoli secondo un'ottica realistica in vernacolo pistoiese.
So che tanto inchiostro (sia reale che virtuale) è stato speso per i cartoni animati, tuttavia vorrei riportare alcuni discorsi che son venuti fuori, ovvero stringati riassunti delle trame dei miei preferiti.
Anche per i cartoni ci son state le mode: c'era la moda dei robot che se le davano di santa ragione senza uno scopo preciso, quella degli sport e sportivi e quella dei cartoni "patetici" e "strappalacrime" che poi purtroppo eran quelli che vedevo più spesso perchè considerati "da femmina".
Uno in particolare mi piaceva tanto e se ci ripenso adesso invece mi viene solo una rabbia e un odio smisurato verso la protagonista e verso me stesso che stavo a guardà quelle stronzate: Lovely Sara (non so se con o senza l'acca finale).
La tizia in questione è una specie di calamita per le sfighe: la mamma le era bell'e morta a cartone iniziato, suo padre, ricchissimo, la infila in un collegio snob mentre va a cercare diamanti in India (sì, un po' come il mì nonno partiva la domenica mattina e diceva alla mi' nonna "oh, e vo a cercà funghi") dove tira il calzino in un modo sfigatissimo e ridicolo che non ricordo ( qualcosa tipo gli caca un piccione in un occhio e da lì la cacca gli va nel cervello e gli fa infezione) e per di più povero in canna. Questa bambinuccia allora rimane al collegio come sguattera dove fa dei lavori veramente umilianti, persino pulire i cessi è troppo chic per lei, deve fare proprio le peggio cose! E te ne fanno vedere di cotte e di crude, lei percossa dagli sguatteri, lei che si ammala per il freddo, i geloni, le emorroidi...
Finchè una sera torna nella mansarda marcia e piena di topi (che questa Sara è pure imbecille, ora, ditemi voi, vede due topini in "camera" sua e invece d'ammazzalli a badilate che fa? non gli va a dare da mangiare? così figliano e si trova la mansarda pavimentata da topi, ma lei è contenta, le fanno compagnia...) e ci trova tappeti persiani, cena imbandita, una scimmia e un omo col turbante.
Insomma, si scopre che l'omo col turbante era il servo del vicino di casa del college, un omino sulla sedia a rotelle che altro non era che il socio del su babbo che la cercava da tempo per dirle che invece su padre i diamanti li aveva trovati e le voci che correvano erano sbagliate.
Morale della favola, mi par di ricordare, lei viene adottata da questo vecchino rincoglionito, che però non si sa come mai la lascia lì nel collegio a studiare, ma a questo giro viene trattata bene e di tanto in tanto la scimmia e l'omo col turbante la vengono a trovare e a fare festini.
Che cacata di cartone!
Uno invece che ha messo bene a tanti, maschi e femmine, della mia generazione era Occhi di Gatto, dove c'eran queste tre sorelle fiche da paura, figlie di un pittore, che gestivano un bar di giorno (visto come si vestivano avrebbero fatto meglio a gestire un night) e di notte andavano a giro a rubare nelle gallerie d'arte i quadri del babbo defunto. Ora, a parte che un si sa dove li mettessero tutti questi quadri (compralli a un'asta no eh? meglio rubarli) ma poi la stronzata di avvertire! Non puoi prendere, infilatti di notte zitta zitta in un museo, rubare il quadro e ciao? No, troppo facile! Loro una settimana prima mandavano un bigliettino alla polizia per dire: oh, badate ragazzi, noi sabato prossimo, sempre che voi non abbiate da fare, si ruberebbe il tal quadro nel tal museo alla tal ora. E' gradita la vostra presenza e l'abito scuro." Ma dai!!! Poi arrivava il momento del furto: la pula, armata di tutto punto, è lì che le aspetta coi mitra puntati ma loro trovan sempre un escamotage per rubare i quadri. Solitamente c'era quella maggiore, il "cervello" della banda nonchè grande troia, che si vestiva tutta provocantona, andava tipo dal direttore della galleria (ve l'immaginate? un gallerista vecchio e grasso che si vede arrivare un ficone del genere), gli faceva vedè un po' di puppe, poi o gli metteva il guttalax o il sonnifero nel caffè, poi gli rubava le chiavi o il codice della cassaforte, insomma faceva qualcosa del genere, poi da un quartier generale, munita di baracchino stile radioamatore de noiartri, comunicava con la sorella mezzana. Questa, agile e silenziosa come un ninja, in una sexy e aderente tuta verde che se c'aveva i rotolini o le maniglie dell'amore col cazzo che se la poteva mettere, riusciva a eludere la sicurezza e inculare il quadro. A questo punto interveniva la terza, minorenne (!!!) che, al volante di una macchina (!!!!!!!) o a bordo di una moto (!!!!!!!!!!!!) faceva da palo. Morale della favola, oh, non finiscon in galera neanche una volta, nessuno sospetta di loro, anzi, la mezzana si pipa pure regolarmente un detective, e riescono a recuperare tutti i quadri del papà.
Comunque alla fine, anche se eran delle puttanate immani, i cartoni della mia infanzia mi facevano sognare, mi appassionavano.
Vorrei poter rivedere le cose attraverso gli occhi della bambina che ero, quando mi abbandonavo con fiducia a quello che vedevo senza pensare continuamente "o che stronzata è mai questa?".

3 commenti:

CRAMPO ha detto...

Vedo con piacere che hai accolto la mia esortazione. Devi continuare a raccontarci i vecchi cartoni animati visti con i tuoi occhi di oggi. Mi vien quasi la lacrimuccia! Non sò se dalla nostalgia o dal ridere!

Anonimo ha detto...

ho una correzione da portare alla tua attenzione: Matthew il detective alla fine lo sa che le 3 sorelle del Cat's eye sono le famigerate ladre.
lau

Anonimo ha detto...

ah il cat's eye era il locale dove lavoravano di giorno
lau