mercoledì 24 dicembre 2008
La vigilia di Natale
Credo sia la terza volta nella mia vita che mi capita di passare una vigilia di Natale malata.
Beh su 28 anni di vita, visto e considerato che Natale cade in uno dei periodi più freddi e influenzosi dell'anno, ci stava tutto.
A questo giro però niente consueta influenzona con tosse e febbroni ma una simpatica gastroenterite che non mi permetterà di strafogarmi domani nel pranzone di Natale, con grande disappunto di mia madre che, dopo aver iniziato già da ieri a preparare manicaretti per un esercito, ha scoperto di aver perso due delle sue bocche migliori: io, vittima di dissenteria, e mio cugino, che ha invece preferito una più tradizionale influenza.
Al di là del malessere e del conseguente giramento di palle alquanto palese (ancora non so se riuscirò a partire per il viaggio programmato a Santo Stefano) devo essere grata alla mitica gastroenterite perchè mi ha dispensato dal penoso rush finale degli ultimi acquisti. Così coloro ai quali ho comprato il regalo nei giorni precedenti troveranno qualcosa sotto il loro alberello, mentre i pochi sventurati per i quali il regalo doveva essere comprato oggi...si dovranno attaccare!!
Buon Natale a tutti!
State attenti alla dissenteria che dicono sia in giro e io lo posso confermare!!
lunedì 15 dicembre 2008
Deliri dal mondo delle tenebre
I terrificanti deliri che lo scorso anno mi avevano avvolta nella loro densa morsa di orrore sono tornati. E' incredibile. Credevo di essermene liberata, che fossero andati, scomparsi per sempre, e invece eccoli di nuovo qui. Mi hanno trovata di nuovo. Ci hanno trovati.
Mi avevano portato sulla soglia della pazzia e della paranoia. Ricordo che per settimane avevo provato quella sensazione di insicurezza. Sapevo che ovunque andassi li avrei trovati, pronti, appostati, in attesa di colpire, di colpirci. Ricordo quel formicolio alla nuca e i sudori freddi quando, trovandomi da sola in una strada, mi accorgevo che uno di loro era nei paraggi, che probabilmente mi stava guardando. Che avrebbe potuto avvisare gli altri. Che, essendo in superiorità numerica, avrebbero potuto attaccarmi quando avessero ritenuto più opportuno e non avrei trovato via dove scappare o anfratto dove nascondermi.
Mi avrebbero dilaniata con le loro mani ad artiglio, e succhiato la mia anima. Trascinata nel loro mondo di tenebre e orrori.
Ricordo bene quel tipo di terrore perchè è lo stesso che provo in questi giorni, da quando mi sono accorta che quegli esseri mostruosi sono tornati da noi per tormentarmi, per tormentarci, forse per distruggerci definitivamente.
In realtà non siamo mai stati veramente liberi da loro. Per tutti questi mesi, ora ne sono certa, hanno trovato rifugio da qualche parte e hanno atteso il momento più opportuno per tornare. Tutti questi mesi nascosti ad aspettare.
Aspettavano che le ore di tenebra prevalessero su quelle di luce. Con il buio gli uomini sono più vulnerabili, la loro mente si perde in mille divagazioni e loro hanno più potere. Loro invece sono più agili, possono vedere anche nelle più profonde oscurità. Possono tornare a controllarci, ci possono spiare senza che noi ce ne accorgiamo.
Agli inizi ho rifiutato di crederci.
Da mesi non ne avevo più visti, perchè mai sarebbero dovuti tornare? Sicuramente erano frutto delle mie allucinazioni.
Oggi so che non mi sono sbagliata. Sono davvero tornati.
Si moltiplicano esponenzialmente. Ci spiano. Si nutrono delle nostre menti, delle nostre anime e leggono i nostri pensieri. Sono ovunque.
Questi esseri mostruosi dall'apparenza solo vagamente umana pronti ad attaccarci, a dilaniarci. Ci relegheranno nel loro mondo di tenebre e si prenderanno il nostro.
Occuperanno le nostre abitazioni e vivranno le nostre vite, tenendoci prigionieri.
Li vedo, sono migliaia, pendono dalle pareti, si nascondono nelle case, nei giardini, mani come tenaglie, il volto privo di occhi ma capaci di vedere lontano, la piccola bocca cucita in attesa di divorare.
Sono lì e attendono. Attendono che sia il momento opportuno. Sono troppi. Ormai non abbiamo più scampo. Il mondo sarà loro.
Accident'a quei babbi natali di m...a appesi ai muri delle case!
Mi avevano portato sulla soglia della pazzia e della paranoia. Ricordo che per settimane avevo provato quella sensazione di insicurezza. Sapevo che ovunque andassi li avrei trovati, pronti, appostati, in attesa di colpire, di colpirci. Ricordo quel formicolio alla nuca e i sudori freddi quando, trovandomi da sola in una strada, mi accorgevo che uno di loro era nei paraggi, che probabilmente mi stava guardando. Che avrebbe potuto avvisare gli altri. Che, essendo in superiorità numerica, avrebbero potuto attaccarmi quando avessero ritenuto più opportuno e non avrei trovato via dove scappare o anfratto dove nascondermi.
Mi avrebbero dilaniata con le loro mani ad artiglio, e succhiato la mia anima. Trascinata nel loro mondo di tenebre e orrori.
Ricordo bene quel tipo di terrore perchè è lo stesso che provo in questi giorni, da quando mi sono accorta che quegli esseri mostruosi sono tornati da noi per tormentarmi, per tormentarci, forse per distruggerci definitivamente.
In realtà non siamo mai stati veramente liberi da loro. Per tutti questi mesi, ora ne sono certa, hanno trovato rifugio da qualche parte e hanno atteso il momento più opportuno per tornare. Tutti questi mesi nascosti ad aspettare.
Aspettavano che le ore di tenebra prevalessero su quelle di luce. Con il buio gli uomini sono più vulnerabili, la loro mente si perde in mille divagazioni e loro hanno più potere. Loro invece sono più agili, possono vedere anche nelle più profonde oscurità. Possono tornare a controllarci, ci possono spiare senza che noi ce ne accorgiamo.
Agli inizi ho rifiutato di crederci.
Da mesi non ne avevo più visti, perchè mai sarebbero dovuti tornare? Sicuramente erano frutto delle mie allucinazioni.
Oggi so che non mi sono sbagliata. Sono davvero tornati.
Si moltiplicano esponenzialmente. Ci spiano. Si nutrono delle nostre menti, delle nostre anime e leggono i nostri pensieri. Sono ovunque.
Questi esseri mostruosi dall'apparenza solo vagamente umana pronti ad attaccarci, a dilaniarci. Ci relegheranno nel loro mondo di tenebre e si prenderanno il nostro.
Occuperanno le nostre abitazioni e vivranno le nostre vite, tenendoci prigionieri.
Li vedo, sono migliaia, pendono dalle pareti, si nascondono nelle case, nei giardini, mani come tenaglie, il volto privo di occhi ma capaci di vedere lontano, la piccola bocca cucita in attesa di divorare.
Sono lì e attendono. Attendono che sia il momento opportuno. Sono troppi. Ormai non abbiamo più scampo. Il mondo sarà loro.
Accident'a quei babbi natali di m...a appesi ai muri delle case!
giovedì 11 dicembre 2008
Perlina di saggezza
Dopo mesi di latitanza riaffioro in superficie con questo pensiero che mi è venuto in mente oggi tornando da lavoro.
"non c'è domanda alla quale un buon dito medio alzato non possa rispondere"
"non c'è domanda alla quale un buon dito medio alzato non possa rispondere"
giovedì 30 ottobre 2008
La biglietteria della stazione
"per me si va ne la città dolente
per me si va ne l'etterno dolore
per me si va tra la perduta gente"
queste parole utilizzate da Dante per la porta dell'inferno io le riprenderei pari pari e le scriverei a caratteri cubitali sopra la biglietteria della stazione di Pistoia.
Ora, io SO che ci sono altri modi per prenotare un eurostar che non includano per forza il dover andare alla biglietteria della stazione ma, per una serie di ragioni che non mi va di star qui a spiegarvi io NON VOGLIO usufruire di questi altri modi.
Così eccomi a stringere il volante della mia lancia y, psicologicamente già in assetto da guerra e con lo stesso atteggiamento di Rambo. Lo scopo: prenotare il viaggio da Pistoia a Vercelli.
Primo errore commesso: mi sono avviata alla volta della stazione in un giorno feriale, con la pioggia alle 17 e 10, più o meno l'ora in cui arriva il treno da Firenze. Il treno da Firenze è strapieno di gente che scende tutta a Pistoia invadendo la stazione e, quel che è peggio, crea un intaso totale del traffico nelle vie limitrofe, causato dall'incauto riversarsi dei pendolari in strada e dagli ancor più incauti parenti dei pendolari summenzionti che parcheggiano in terza fila ostrendo il passaggio a qualsiasi cosa si muova via terra.
Arrivo alla stazione e, prima cosa, osservo il display: il treno da Firenze dovrebbe arrivare tra 10 minuti ma ha 10 minuti di ritardo, che significa 20 minuti per fare un biglietto, ce la faccio agile.
Due sportelli aperti: il primo con una sola donnina e l'altro con una fila luuunghissima di gente. Senza pensarci due volte mi metto dietro all'ultimo della coda luunga e la manovra si rivela azzeccata: la donnina sola all'altro sportello è la classica vecchietta che ha voglia di chiacchierare da morire: sarebbe stata una mossa da pivelli mettersi dietro di lei.
Così, mentre lei racconta non so cosa al bigliettaio, la mia coda progredisce in men che non si dica.
Ora sta al tizio col cappotto davanti a me che per convenzione chiamerò il tizio col cappotto.
Il tizio col cappotto fa quello che fanno tutti alla biglietteria della stazione di Pistoia: si piazza davanti allo sportello del bigliettaio, si piega a 90 gradi perchè a un'altezza di circa 70cm dal suolo c'è l'unica fessura nel vetro che separa il bigliettaio dall'utente, unico spiraglio che fa passare un filo di voce a malapena comprensibile e sbraita: UN BIGLIETTO PER LUCCAAAAA!
Vai, tutto regolare, faccio presto, ho ancora 15 min per prendere il biglietto e scappare prima dell'arrivo del treno da Firenze.
Ma qui l'imprevisto: il tizio col cappotto fa una domanda che non doveva fare: CHE ME LA FA LA FATTURAAAAAAAA?
Il bigliettaio sbianca, si alza e, quando torna con una cartellina consunta e ne estrae un consuntissimo e ingiallito libro delle fatture e un foglio di CARTA CARBONE (sì, avete capito bene ragazzi, carta carbone) sbianco anche io perchè capisco.
Capisco che più o meno è dall'epoca di Spadolini che non vengono fatte fatture a questa biglietteria e, insomma, siccome son passati un po' di anni ...beh, il bigliettaio non sa molto bene dove mettere le mani.
La mia intuizione si rivela ovviamente esatta.
Guardo nervosamente il tempo che passa e il momento dell'arrivo del treno da Firenze che si avvicina.
Il bigliettaio è ancora in alto mare, il tempo scorre, i minuti pure, una voce annuncia il treno da Firenze...
Dopo momenti che sembrano interminabili, finalmente il tizio col cappotto se ne va soddisfatto del suo biglietto per Lucca e della sua fattura. Sta a me. Come un fulmine mi avvicino al vetro, mi piego verso la fessura e tutto d'un fiato, parlando più veloce che posso "PERVERCELLISOLANDATACOLTRENODELLENOVEILTRENTUNO!"
"Come scusi? non ho capito. Dove vuole andare? a Vercelli?"
"Sì"
"Da Pistoia?"
"Sì"
"allora aspetti che inserisco la destinazione..."tricchettrocche (rumore di dita grassocce e incerte su tastiera) "da Pistoia...per Vercelli...il 31 ha detto?"tricchettrocche
"sì sì il 31 col treno delle nove, cambio a firenze, solo andata, seconda classe"
"...ecco...il 31....alle nove...deve cambiare a firenze, sa?" (ma non mi dire...) "allora...l'eurostar...seconda classe...corridoio o finestrino?"
"è uguale, è uguale" dico io mentre sento la voce registrata annunciare l'arrivo in stazione del treno da Firenze.
"allora un posto a caso" tricchettrocche "per Vercelli, il 31..." io intanto ho già preparato i soldi precisi del costo del biglietto, anche se so che è troppo tardi.
E difatti così è. Quando arrivo a stringere il biglietto tra le mani un'orda barbarica di gente è già scena dal treno e si è riversata nelle strade.
Torno sconsolata alla mia lancia y che ora è rinchiusa tra migliaia di macchine, metto la freccia, inserisco la marcia e a passo di lumaca mi avvio verso casa.
E per due settimane sono a posto, fino al prossimo viaggio a Vercelli...
per me si va ne l'etterno dolore
per me si va tra la perduta gente"
queste parole utilizzate da Dante per la porta dell'inferno io le riprenderei pari pari e le scriverei a caratteri cubitali sopra la biglietteria della stazione di Pistoia.
Ora, io SO che ci sono altri modi per prenotare un eurostar che non includano per forza il dover andare alla biglietteria della stazione ma, per una serie di ragioni che non mi va di star qui a spiegarvi io NON VOGLIO usufruire di questi altri modi.
Così eccomi a stringere il volante della mia lancia y, psicologicamente già in assetto da guerra e con lo stesso atteggiamento di Rambo. Lo scopo: prenotare il viaggio da Pistoia a Vercelli.
Primo errore commesso: mi sono avviata alla volta della stazione in un giorno feriale, con la pioggia alle 17 e 10, più o meno l'ora in cui arriva il treno da Firenze. Il treno da Firenze è strapieno di gente che scende tutta a Pistoia invadendo la stazione e, quel che è peggio, crea un intaso totale del traffico nelle vie limitrofe, causato dall'incauto riversarsi dei pendolari in strada e dagli ancor più incauti parenti dei pendolari summenzionti che parcheggiano in terza fila ostrendo il passaggio a qualsiasi cosa si muova via terra.
Arrivo alla stazione e, prima cosa, osservo il display: il treno da Firenze dovrebbe arrivare tra 10 minuti ma ha 10 minuti di ritardo, che significa 20 minuti per fare un biglietto, ce la faccio agile.
Due sportelli aperti: il primo con una sola donnina e l'altro con una fila luuunghissima di gente. Senza pensarci due volte mi metto dietro all'ultimo della coda luunga e la manovra si rivela azzeccata: la donnina sola all'altro sportello è la classica vecchietta che ha voglia di chiacchierare da morire: sarebbe stata una mossa da pivelli mettersi dietro di lei.
Così, mentre lei racconta non so cosa al bigliettaio, la mia coda progredisce in men che non si dica.
Ora sta al tizio col cappotto davanti a me che per convenzione chiamerò il tizio col cappotto.
Il tizio col cappotto fa quello che fanno tutti alla biglietteria della stazione di Pistoia: si piazza davanti allo sportello del bigliettaio, si piega a 90 gradi perchè a un'altezza di circa 70cm dal suolo c'è l'unica fessura nel vetro che separa il bigliettaio dall'utente, unico spiraglio che fa passare un filo di voce a malapena comprensibile e sbraita: UN BIGLIETTO PER LUCCAAAAA!
Vai, tutto regolare, faccio presto, ho ancora 15 min per prendere il biglietto e scappare prima dell'arrivo del treno da Firenze.
Ma qui l'imprevisto: il tizio col cappotto fa una domanda che non doveva fare: CHE ME LA FA LA FATTURAAAAAAAA?
Il bigliettaio sbianca, si alza e, quando torna con una cartellina consunta e ne estrae un consuntissimo e ingiallito libro delle fatture e un foglio di CARTA CARBONE (sì, avete capito bene ragazzi, carta carbone) sbianco anche io perchè capisco.
Capisco che più o meno è dall'epoca di Spadolini che non vengono fatte fatture a questa biglietteria e, insomma, siccome son passati un po' di anni ...beh, il bigliettaio non sa molto bene dove mettere le mani.
La mia intuizione si rivela ovviamente esatta.
Guardo nervosamente il tempo che passa e il momento dell'arrivo del treno da Firenze che si avvicina.
Il bigliettaio è ancora in alto mare, il tempo scorre, i minuti pure, una voce annuncia il treno da Firenze...
Dopo momenti che sembrano interminabili, finalmente il tizio col cappotto se ne va soddisfatto del suo biglietto per Lucca e della sua fattura. Sta a me. Come un fulmine mi avvicino al vetro, mi piego verso la fessura e tutto d'un fiato, parlando più veloce che posso "PERVERCELLISOLANDATACOLTRENODELLENOVEILTRENTUNO!"
"Come scusi? non ho capito. Dove vuole andare? a Vercelli?"
"Sì"
"Da Pistoia?"
"Sì"
"allora aspetti che inserisco la destinazione..."tricchettrocche (rumore di dita grassocce e incerte su tastiera) "da Pistoia...per Vercelli...il 31 ha detto?"tricchettrocche
"sì sì il 31 col treno delle nove, cambio a firenze, solo andata, seconda classe"
"...ecco...il 31....alle nove...deve cambiare a firenze, sa?" (ma non mi dire...) "allora...l'eurostar...seconda classe...corridoio o finestrino?"
"è uguale, è uguale" dico io mentre sento la voce registrata annunciare l'arrivo in stazione del treno da Firenze.
"allora un posto a caso" tricchettrocche "per Vercelli, il 31..." io intanto ho già preparato i soldi precisi del costo del biglietto, anche se so che è troppo tardi.
E difatti così è. Quando arrivo a stringere il biglietto tra le mani un'orda barbarica di gente è già scena dal treno e si è riversata nelle strade.
Torno sconsolata alla mia lancia y che ora è rinchiusa tra migliaia di macchine, metto la freccia, inserisco la marcia e a passo di lumaca mi avvio verso casa.
E per due settimane sono a posto, fino al prossimo viaggio a Vercelli...
domenica 26 ottobre 2008
Ultime notizie dal mio piccolo mondo
Non che abbia molto da scrivere.
Anzi, scrivo questo post per rassicurare i 4 gatti abituati a fare una capatina qui di tanto in tanto che sono ancora viva.
Purtroppo ultimamente non ho avuto nè tempo nè voglia di scrivere, non sentendomi molto ispirata.
La mole di lavoro è aumentata esponenzialmente, così come è calato il mio tempo libero.
Ogni volta mi ripeto sempre: ah, quando ho un attimo di tempo faccio questo, sistemo quello...Poi di fatto, come questo week end, succede che sono talmente stanca che non faccio un tubo, resto come una scema a fissare il muro, mi perdo in un bicchiere d'acqua e di tutte le cose che volevo fare non ne ho portata a termine nessuna, anzi, ne ho aggiunte altre alla lista.
Sono sempre più nervosa e intollerante, ma non di quell'intolleranza ganza che mi aveva fatto partorire i vari post con infamate a destra e a manca.
Sono di un intollerante acidulo che mi piace poco. Se prima ero un'incazzata reattiva, adesso sono un'incazzata passiva e questo mi piace poco.
Comunque sono viva, arranco dietro alle mille cose che devo fare, ho sempre il dito medio facile quando sono al volante e un venerdì sì e un venerdì no mi si può trovare alla stazione a prendere una serie di coincidenze a domino che mi portano dal mio amato.
Se avrò tempo più in là vi parlerò del fac-simile del test di cultura generale per la preselezione a un concorso sui beni culturali che sto studiando perchè meriterebbe un bell'infamone!!
Ciao a tutti, statemi bene come cerco di fare io
Anzi, scrivo questo post per rassicurare i 4 gatti abituati a fare una capatina qui di tanto in tanto che sono ancora viva.
Purtroppo ultimamente non ho avuto nè tempo nè voglia di scrivere, non sentendomi molto ispirata.
La mole di lavoro è aumentata esponenzialmente, così come è calato il mio tempo libero.
Ogni volta mi ripeto sempre: ah, quando ho un attimo di tempo faccio questo, sistemo quello...Poi di fatto, come questo week end, succede che sono talmente stanca che non faccio un tubo, resto come una scema a fissare il muro, mi perdo in un bicchiere d'acqua e di tutte le cose che volevo fare non ne ho portata a termine nessuna, anzi, ne ho aggiunte altre alla lista.
Sono sempre più nervosa e intollerante, ma non di quell'intolleranza ganza che mi aveva fatto partorire i vari post con infamate a destra e a manca.
Sono di un intollerante acidulo che mi piace poco. Se prima ero un'incazzata reattiva, adesso sono un'incazzata passiva e questo mi piace poco.
Comunque sono viva, arranco dietro alle mille cose che devo fare, ho sempre il dito medio facile quando sono al volante e un venerdì sì e un venerdì no mi si può trovare alla stazione a prendere una serie di coincidenze a domino che mi portano dal mio amato.
Se avrò tempo più in là vi parlerò del fac-simile del test di cultura generale per la preselezione a un concorso sui beni culturali che sto studiando perchè meriterebbe un bell'infamone!!
Ciao a tutti, statemi bene come cerco di fare io
lunedì 15 settembre 2008
L'autunno del precario
Come tutti avevano preannunciato, ecco l'autunno che arriva.
Non so come sia andata agli altri, ma a me ha colto veramente alla sprovvista.
Tutto a un tratto sabato sera, uscendo da lavoro alle 20 e 30, realizzo in sequenza le seguenti cose: 1) è buio 2) sta pioviscolando 3) cazzo che freddo!
E così, salendo in macchina e tornando verso casa coi fari accesi, ho realizzato che la bella stagione era davvero finita.
Cosa pensavo, illusa, che l'estate sarebbe durata ancora per molto?
Beh questo non lo so, ma ormai il caldo e il sole mi parevano un dato di fatto.
Comunque, al di là del mio odio risaputo verso l'autunno la cosa che mi ha stupita di più è stato il fatto di essermi trovata catapultata in un clima freddo/umido/bigio senza niente che mi avesse preparata all'impatto.
Sarà colpa della mancata festa dell'Unità, che come un memento mori (eh eh, come sono colta!) mi ricordava che anche la bella stagione aveva una sua fine, o del fatto che, dopo essermi laureata, non bazzico più cartolerie e biblioteche, oppure ancora che sono andata in vacanza prima quest'anno, a luglio, e che sono tornata prima di ferragosto, con una bella fetta di estate ancora da spendere.
Così, di punto in bianco mi ritrovo a fronteggiare una realtà sulla quale non ci piove: (anzi, sulla quale pioverà un bel po', considerata la piovosità degli autunni e degli inverni pistoiesi) l'estate è finita, torna il freddo e, cosa molto ma molto brutta, riaprono le scuole.
Pensare che fino a qualche tempo fa ero informatissima sulla data della cruciale riapertura! Quest'anno invece, non fosse stata per la vista della faccia sminchiata di mio cugino ieri sera, militante in quarta superiore, mi sarei accorta dell'inizio delle scuole stamattina, nel modo peggiore
Questo forse è uno dei lati più noiosi dell'inizio dell'autunno: la riapertura delle scuole e la ripresa della maledetta gazzarra mattutina: genitori che portano fino alla porta della classe i bambini col grembiulino lasciando suvvoni in mezzo alla strada, adolescenti su scooter impazziti che fanno manovre da brivido, ragazzine (come direbbe Loris "Piccole troie crescono") truccate e scollate che attraversano la strada senza guardare e ancora autobus stracarichi guidati da autista sclerato e scuolabus guidati da autisti ancora più sclerati. (giacché, si sa, lo sclero di un autista al mattino nei giorni feriali è inversamente proporzionale all'età dei passeggeri: col calare dell'età aumenta l'incazzatura).
Penso a quando ero piccola e, come mio cugino, ero sminchiata all'inizio dell'anno scolastico. Adesso, guardando quei ragazzi con lo zaino in spalla dal finestrino della mia macchina ho provato per la prima volta un'invidia strana che non ha a che fare con discorsi del tipo "loro sono giovani e io vecchia" (sticavoli! non tornerei a 16 anni nemmeno se mi pagassero!). No, ho pensato che loro, ancora per qualche anno, hanno un posto dove andare, hanno qualcosa da fare. Sanno già dove potranno stare tutte le mattine per 9 mesi, indicativamente conoscono quello che li aspetta.
Io invece da qui a 2 mesi non so dove sarò, quando non avrò più questo lavoro che tante volte mi fa bestemmiare (anzi, troppe volte). Probabilmente sarò a casa, al caldo del riscaldamento, a cercare di inventarmi qualcosa, a studiare per concorsi, a mandare curriculum e chissà se prima della chiusura delle scuole avrò trovato qualcosa di buono da fare.
Mi è tornata in mente una frase del mio prof di inglese, frase che allora mi rimase molto sulle scatole: "alla vostra età non potete far niente di meglio da che studiare". Oggi, a 28 anni, mi rendo conto che forse tutti i torti non aveva.
Starò invecchiando? Corro a prendere del botulino
Non so come sia andata agli altri, ma a me ha colto veramente alla sprovvista.
Tutto a un tratto sabato sera, uscendo da lavoro alle 20 e 30, realizzo in sequenza le seguenti cose: 1) è buio 2) sta pioviscolando 3) cazzo che freddo!
E così, salendo in macchina e tornando verso casa coi fari accesi, ho realizzato che la bella stagione era davvero finita.
Cosa pensavo, illusa, che l'estate sarebbe durata ancora per molto?
Beh questo non lo so, ma ormai il caldo e il sole mi parevano un dato di fatto.
Comunque, al di là del mio odio risaputo verso l'autunno la cosa che mi ha stupita di più è stato il fatto di essermi trovata catapultata in un clima freddo/umido/bigio senza niente che mi avesse preparata all'impatto.
Sarà colpa della mancata festa dell'Unità, che come un memento mori (eh eh, come sono colta!) mi ricordava che anche la bella stagione aveva una sua fine, o del fatto che, dopo essermi laureata, non bazzico più cartolerie e biblioteche, oppure ancora che sono andata in vacanza prima quest'anno, a luglio, e che sono tornata prima di ferragosto, con una bella fetta di estate ancora da spendere.
Così, di punto in bianco mi ritrovo a fronteggiare una realtà sulla quale non ci piove: (anzi, sulla quale pioverà un bel po', considerata la piovosità degli autunni e degli inverni pistoiesi) l'estate è finita, torna il freddo e, cosa molto ma molto brutta, riaprono le scuole.
Pensare che fino a qualche tempo fa ero informatissima sulla data della cruciale riapertura! Quest'anno invece, non fosse stata per la vista della faccia sminchiata di mio cugino ieri sera, militante in quarta superiore, mi sarei accorta dell'inizio delle scuole stamattina, nel modo peggiore
Questo forse è uno dei lati più noiosi dell'inizio dell'autunno: la riapertura delle scuole e la ripresa della maledetta gazzarra mattutina: genitori che portano fino alla porta della classe i bambini col grembiulino lasciando suvvoni in mezzo alla strada, adolescenti su scooter impazziti che fanno manovre da brivido, ragazzine (come direbbe Loris "Piccole troie crescono") truccate e scollate che attraversano la strada senza guardare e ancora autobus stracarichi guidati da autista sclerato e scuolabus guidati da autisti ancora più sclerati. (giacché, si sa, lo sclero di un autista al mattino nei giorni feriali è inversamente proporzionale all'età dei passeggeri: col calare dell'età aumenta l'incazzatura).
Penso a quando ero piccola e, come mio cugino, ero sminchiata all'inizio dell'anno scolastico. Adesso, guardando quei ragazzi con lo zaino in spalla dal finestrino della mia macchina ho provato per la prima volta un'invidia strana che non ha a che fare con discorsi del tipo "loro sono giovani e io vecchia" (sticavoli! non tornerei a 16 anni nemmeno se mi pagassero!). No, ho pensato che loro, ancora per qualche anno, hanno un posto dove andare, hanno qualcosa da fare. Sanno già dove potranno stare tutte le mattine per 9 mesi, indicativamente conoscono quello che li aspetta.
Io invece da qui a 2 mesi non so dove sarò, quando non avrò più questo lavoro che tante volte mi fa bestemmiare (anzi, troppe volte). Probabilmente sarò a casa, al caldo del riscaldamento, a cercare di inventarmi qualcosa, a studiare per concorsi, a mandare curriculum e chissà se prima della chiusura delle scuole avrò trovato qualcosa di buono da fare.
Mi è tornata in mente una frase del mio prof di inglese, frase che allora mi rimase molto sulle scatole: "alla vostra età non potete far niente di meglio da che studiare". Oggi, a 28 anni, mi rendo conto che forse tutti i torti non aveva.
Starò invecchiando? Corro a prendere del botulino
mercoledì 3 settembre 2008
Sclero
Io credo, in tutta sincerità, che certe giornate siano state appositamente create dalla Philip Morris al solo scopo di farmi rincominciare a fumare, cazzo, non c'è altra giustificazione a certe giornate così irritanti.
Premessa: la lancia y è inutilizzabile e per inutilizzabile intendo che per i vigili che mi fermarono venerdì facendomi perdere il treno nonché due punti sulla patente la revisione non era stata fatta. E in effetti così appare sulla carta. Peccato che il meccanico di quella revisione si sia intascato i soldi senza rilasciarci il bollino, ma lasciamo perdere...
Sto parlando di OGGI. Venerdì, nonostante le varie rogne, la multa, i punti sulla patente, il meccanico che ci ha fatto marameo, il treno perso etc NON era una giornata da ricominciare a fumare...oggi sì.
Oggi è la classica giornata di fine estate: nel senso che il tempo è bello come in estate, fa caldo come in estate, avresti voglia di andare al mare come in estate MA devi andare a lavorare. E fin qui poco male. Il peggio è che anche gli altri devono andare a lavorare...anzi...sono RIENTRATI a lavorare dopo le ferie.
Il che vuol dire per me due cose abbastanza irritanti:
la prima: sono rilassati e si beano della loro faccia rilassata, e ti dicono quanto sono rilassati e che belle erano le vacanze, mentre te hai passato tutto questo mese a affogare nella #&$#* perchè in ferie c'eri andata a luglio.
la seconda: sono rilassati, e in quanto tali guidano come teste di cavolo più di prima.
E qui si lega il discorso all'antefatto, ovvero al non poter utilizzare la pratica e agile lancia y, il dover guidare quel "trombone" della ford focus c max (perchè focus e basta gli pareva troppo poco, troppo PICCOLA per una strada larga circa 3 metri e lunga 20 dove si devono parcheggiare 700 macchine)di mio padre in mezzo a gente RILASSATA.
Stamattina, ora 7.30, la prendo per andare a lavoro. Nel tragitto trovo:
- uno che mi taglia la strada alla rotonda (poco importa, me la tagliano quasi tutte le mattine visto che i pistoiesi non conoscono come si guida alle rotonde e ne fanno un uso improprio)
- un trattore, ovviamente nella stradina stretta di campagna a sali e scendi dove è impensabile sorpassare. Ok, normale amministrazione.
Ore 14.30. Esco da lavoro e mi avvio verso casa. Nel tragitto ho a che fare con:
- ragazzo che guida la bici a zig zag mandando un sms perchè, come direbbe Loris, questi pischelletti non hanno CUGNISIUN, e fino a che le scuole non ricominceranno continueranno a girare impuniti a piede libero per le strade;
- camion che procede a 40 all'ora in zona dove non si può sorpassare. Cavoli, quasi quasi abbandono la variante per la strada vecchia, tanto a questa velocità quando mi riimmetto sulla principale l'avrò lasciato indietro...
e infatti sulla variante trovo il classico tipo che guida col braccio penzoloni fuori dal finestrino, il che denota da solo la velocità tipica dell'andatura da scazzo, fra i 35 e i 20 km/h.
Dopo essermi sbarazzata di questi tipi e aver sfiorato l'incidente a causa di un paio di pedoni kamikaze, sono finalmente a casa.
A casa ci sono gli operai perchè la caldaia ha deciso di tirare le cuoia mentre i miei erano in vacanza, lasciandomi priva di acqua calda (altri bei momenti). Mentre la polvere non mi dà alcun fastidio, non posso dire lo stesso del rumore del trapano nelle orecchie che si protrae per due ore.
Devo uscire per fare alcune commissioni, fra le quali consegnare dei libri a un editore (per conto di terzi), andare alle poste a prelevare e utilizzare quei soldi per pagare la multa di cui sopra, comprare un biglietto del treno.
Per fare queste cose, anzi, per non farle, ho impiegato DUE ore.
Vado prima a consegnre il libro, ovviamente in zona vicina al centro storico...Parcheggio per la macchina non ce n'è, visto e considerato che quel TRAM di mio padre occupa 2 posti auto...dopo aver girato un po' riesco comunque a lasciarla in semidivieto di sosta (così, giusto per sfidare la sorte e vedere se mi becco un'altra multa). Arrivo e...e la casa editrice è chiusa. Evidentemente nessuno ha avvisato che sarei passata oggi (i famosi terzi di cui sopra).
Vabbè, poco male. Si riparte. La strada è stretta e becco due innamoratini in bicicletta cicì cicì che si fanno le coccole viaggiando affiancati e impedendo il sorpasso a chiunque.
Vabbè, giro per andare alle poste. Ci sono quasi quando...quando vedo che la strada è chiusa al traffico perchè stasera allo stadio si gioca una partita di non so cosa, forse il derby scapoli/ammogliati. Cerco di uscire dal casino ma, come una mosca sulla carta moschicida, più cerco di uscirne e più mi impantano. E' così che mi ritrovo in mezzo a una coda che non scorre un tubo in testa alla quale, ne sono sicura, è una bionda bigodinata alla guida di un suv.
Esco dal pantano rinunciando alle poste, la multa e il prelievo.
Resta la stazione. Per strada mi imbatto nel classico nonno/roulette russa, il classico vecchietto con casco enorme sulle ventitrè (che poi chissà come mai tutti i vecchietti che guidano gli scooter portano caschi di 8 misure più grandi di loro. Mah, forse pensano che più grande è il casco, maggiore è la protezione) che guida uno scooter con la freccia a sinistra che lampeggia da eoni, immobile al centro della carreggiata sui 15 km/h. Che si fa? Lo sorpasso? Ma, tanto lo so, se provo a sorpassarlo sono sicura che questo girerà a sinistra venendomi addosso e non potrò nemmeno dire nulla a mia discolpa perchè lui la freccia l'aveva...restiamo dietro e vediamo che succede...
no, basta, io non ce la faccio più, non ha girato nemmeno a questo incrocio, io me ne sbatto e lo sorpasso...e mentre lo sorpasso questo piega a sinistra! Meno male riesco a scansarlo...
Ah già, la stazione. Alla stazione non c'è posto per parcheggiare...anzi no, ecco, lì ce n'è uno! Ora faccio marcia indietro e...e uno STRONZO con un suvvone (tanto per cambiare) ignora i miei fanalini della retro e mi si appiccica al culo...ah no, io non cedo...io farò marcia indietro per parcheggiare e lui con me... invece no. Ecco che arriva l'autobus, che si mette dietro al tipo del suv che è subito dietro a me. Lascio perdere il parcheggio regolamentare. Parcheggio dei taxi, 4 frecce et voilà.
Dopo aver comprato il biglietto e essere risalita in macchina per tornare verso casa quasi quasi mi sto rilassando. Alla fine dai non è stato così male, poteva andare peggio...e difatti ecco che il PEGGIO si materializza, esattamente davanti alla mia macchina, sotto forma di due suore dentro a un doblò bianco.
Non dico altro. Lascio a voi immaginare le cazzate al volante che possono aver fatto sue suore su un doblò e nel frattempo che voi pensate vado a portar fuori il cane...A PIEDI...
Premessa: la lancia y è inutilizzabile e per inutilizzabile intendo che per i vigili che mi fermarono venerdì facendomi perdere il treno nonché due punti sulla patente la revisione non era stata fatta. E in effetti così appare sulla carta. Peccato che il meccanico di quella revisione si sia intascato i soldi senza rilasciarci il bollino, ma lasciamo perdere...
Sto parlando di OGGI. Venerdì, nonostante le varie rogne, la multa, i punti sulla patente, il meccanico che ci ha fatto marameo, il treno perso etc NON era una giornata da ricominciare a fumare...oggi sì.
Oggi è la classica giornata di fine estate: nel senso che il tempo è bello come in estate, fa caldo come in estate, avresti voglia di andare al mare come in estate MA devi andare a lavorare. E fin qui poco male. Il peggio è che anche gli altri devono andare a lavorare...anzi...sono RIENTRATI a lavorare dopo le ferie.
Il che vuol dire per me due cose abbastanza irritanti:
la prima: sono rilassati e si beano della loro faccia rilassata, e ti dicono quanto sono rilassati e che belle erano le vacanze, mentre te hai passato tutto questo mese a affogare nella #&$#* perchè in ferie c'eri andata a luglio.
la seconda: sono rilassati, e in quanto tali guidano come teste di cavolo più di prima.
E qui si lega il discorso all'antefatto, ovvero al non poter utilizzare la pratica e agile lancia y, il dover guidare quel "trombone" della ford focus c max (perchè focus e basta gli pareva troppo poco, troppo PICCOLA per una strada larga circa 3 metri e lunga 20 dove si devono parcheggiare 700 macchine)di mio padre in mezzo a gente RILASSATA.
Stamattina, ora 7.30, la prendo per andare a lavoro. Nel tragitto trovo:
- uno che mi taglia la strada alla rotonda (poco importa, me la tagliano quasi tutte le mattine visto che i pistoiesi non conoscono come si guida alle rotonde e ne fanno un uso improprio)
- un trattore, ovviamente nella stradina stretta di campagna a sali e scendi dove è impensabile sorpassare. Ok, normale amministrazione.
Ore 14.30. Esco da lavoro e mi avvio verso casa. Nel tragitto ho a che fare con:
- ragazzo che guida la bici a zig zag mandando un sms perchè, come direbbe Loris, questi pischelletti non hanno CUGNISIUN, e fino a che le scuole non ricominceranno continueranno a girare impuniti a piede libero per le strade;
- camion che procede a 40 all'ora in zona dove non si può sorpassare. Cavoli, quasi quasi abbandono la variante per la strada vecchia, tanto a questa velocità quando mi riimmetto sulla principale l'avrò lasciato indietro...
e infatti sulla variante trovo il classico tipo che guida col braccio penzoloni fuori dal finestrino, il che denota da solo la velocità tipica dell'andatura da scazzo, fra i 35 e i 20 km/h.
Dopo essermi sbarazzata di questi tipi e aver sfiorato l'incidente a causa di un paio di pedoni kamikaze, sono finalmente a casa.
A casa ci sono gli operai perchè la caldaia ha deciso di tirare le cuoia mentre i miei erano in vacanza, lasciandomi priva di acqua calda (altri bei momenti). Mentre la polvere non mi dà alcun fastidio, non posso dire lo stesso del rumore del trapano nelle orecchie che si protrae per due ore.
Devo uscire per fare alcune commissioni, fra le quali consegnare dei libri a un editore (per conto di terzi), andare alle poste a prelevare e utilizzare quei soldi per pagare la multa di cui sopra, comprare un biglietto del treno.
Per fare queste cose, anzi, per non farle, ho impiegato DUE ore.
Vado prima a consegnre il libro, ovviamente in zona vicina al centro storico...Parcheggio per la macchina non ce n'è, visto e considerato che quel TRAM di mio padre occupa 2 posti auto...dopo aver girato un po' riesco comunque a lasciarla in semidivieto di sosta (così, giusto per sfidare la sorte e vedere se mi becco un'altra multa). Arrivo e...e la casa editrice è chiusa. Evidentemente nessuno ha avvisato che sarei passata oggi (i famosi terzi di cui sopra).
Vabbè, poco male. Si riparte. La strada è stretta e becco due innamoratini in bicicletta cicì cicì che si fanno le coccole viaggiando affiancati e impedendo il sorpasso a chiunque.
Vabbè, giro per andare alle poste. Ci sono quasi quando...quando vedo che la strada è chiusa al traffico perchè stasera allo stadio si gioca una partita di non so cosa, forse il derby scapoli/ammogliati. Cerco di uscire dal casino ma, come una mosca sulla carta moschicida, più cerco di uscirne e più mi impantano. E' così che mi ritrovo in mezzo a una coda che non scorre un tubo in testa alla quale, ne sono sicura, è una bionda bigodinata alla guida di un suv.
Esco dal pantano rinunciando alle poste, la multa e il prelievo.
Resta la stazione. Per strada mi imbatto nel classico nonno/roulette russa, il classico vecchietto con casco enorme sulle ventitrè (che poi chissà come mai tutti i vecchietti che guidano gli scooter portano caschi di 8 misure più grandi di loro. Mah, forse pensano che più grande è il casco, maggiore è la protezione) che guida uno scooter con la freccia a sinistra che lampeggia da eoni, immobile al centro della carreggiata sui 15 km/h. Che si fa? Lo sorpasso? Ma, tanto lo so, se provo a sorpassarlo sono sicura che questo girerà a sinistra venendomi addosso e non potrò nemmeno dire nulla a mia discolpa perchè lui la freccia l'aveva...restiamo dietro e vediamo che succede...
no, basta, io non ce la faccio più, non ha girato nemmeno a questo incrocio, io me ne sbatto e lo sorpasso...e mentre lo sorpasso questo piega a sinistra! Meno male riesco a scansarlo...
Ah già, la stazione. Alla stazione non c'è posto per parcheggiare...anzi no, ecco, lì ce n'è uno! Ora faccio marcia indietro e...e uno STRONZO con un suvvone (tanto per cambiare) ignora i miei fanalini della retro e mi si appiccica al culo...ah no, io non cedo...io farò marcia indietro per parcheggiare e lui con me... invece no. Ecco che arriva l'autobus, che si mette dietro al tipo del suv che è subito dietro a me. Lascio perdere il parcheggio regolamentare. Parcheggio dei taxi, 4 frecce et voilà.
Dopo aver comprato il biglietto e essere risalita in macchina per tornare verso casa quasi quasi mi sto rilassando. Alla fine dai non è stato così male, poteva andare peggio...e difatti ecco che il PEGGIO si materializza, esattamente davanti alla mia macchina, sotto forma di due suore dentro a un doblò bianco.
Non dico altro. Lascio a voi immaginare le cazzate al volante che possono aver fatto sue suore su un doblò e nel frattempo che voi pensate vado a portar fuori il cane...A PIEDI...
martedì 19 agosto 2008
Arrivare a Londra
Da pochi giorni sono tornata alla solita vita e già realizzo che, più delle vacanze in sè, mi manca Londra, la sua vita, i suoi posti.
Avevo già pensato praticamente appena tornata di postare qui sul blog un resoconto di Londra, un incrocio fra una guida molto ma mooolto diluita e limitata alle cose che ho visto e un diario di bordo delle mie impressioni nella capitale britannica.
Beh, visto che stasera sono a casa mi accingo quindi a realizzare i miei propositi, sperando che qualcuno dei quattro gatti che frequentano il mio blog possa apprezzare.
Arrivare a Londra, soprattutto se provenienti da una cittadina di provincia come me, può essere traumatico: un paese dove non parlano la tua lingua, non c'è l'euro e soprattutto una città tanto grande e tanto popolosa già di per sè sono elementi a sufficienza per creare inquietudine. Se ci aggiungiamo il fatto che spesso e volentieri gli italiani all'estero sono un pochettino (concedetemelo su che è vero) incapaci e che la vita là è carissima e ci se ne accorge subito, beh, le cose si complicano.
Se come me si arriva all'aereoporto di Luton, disante qualcosina più di un'ora da Londra, la prima cosa da fare è cercare un mezzo di trasporto per giungere a destinazione. L'aereoporto non è grandissimo ma ha già tutti i requisiti per soddisfare un inglese doc: è funzionale, è efficiente e ha tanti negozi dove sono reperibili i mai troppo diffusi trogolai mangerecci (non vi fate ingannare dall'apparenza salubre, anche i cibi più morigerati sono avvolti nella plastica che nasconde due dita buone di maionese e il malefico curry).
Un "forestiero" qualsiasi, specie se italiano, noterà che manca una cosa abbastanza importante: un banchino di info turistiche (sì, ce n'è uno, ma è riservato alla prenotazione di ostelli o alberghi).Così ci si trova davanti mille banchini di altrettante società di trasporti (via treno o via bus) che si offrono di portarti a Londra. Il prezzo di un viaggio (solo andata Luton-Londra) si aggira fra i 12 e i 15 £. Quale sia la convenienza di una società puttosto che di un'altra o di un treno piuttosto che di un pullman non mi è riuscito capirlo, anche perchè io, da brava italiana, ho fatto quello che la maggior parte dei miei conazionali fa appena arrivati in un paese straniero: stanno tutti compatti e tendono a seguire come un branco di pecorelle smarrite quelli che parlano la loro stessa lingua: così abbiamo fatto noi "seguendo" una coppia bergamasca e così ha fatto la famiglia veronese che ha seguito noi.
Con 12£ e un'ora di viaggio dunque il pullman (il nostro come le altre mille linee di pullman) ci ha scaricato con due valigiozzi belli pesanti alla Victoria Station, nel bel mezzo del casino e dell'andirivieni frettoloso di centinaia fra turisti, oriundi e chissà che altro, arrivederci e grazie alè alè.
Dove andare? Cosa fare? anche se prima della partenza mi ero già documentata su cose che è sempre bene avere in testa PRIMA di arrivare: l'indirizzo dell'albergo, la sua ubicazione, i mezzi di trasporto con cui è possibile giungerci nel minor tempo possibile, dove comprare i biglietti per i mezzi pubblici e l'esistenza o meno di una carta-abbonamento che faccia sconti turistici, la sensazione di smarrimento è forte, anche perché, e questa è una costante di Londra, le indicazioni sono spesso insufficienti e talvolta contrastanti.
Dopo una mezz'ora a girare per l'isolato con i valigioni pesanti, Loris che bestemmia dietro di me e un caldo afoso da morire (eh già, perchè io, memore dei miei viaggi estivi a Berlino prima e in Irlanda poi, mi ero premunita e avevo avvisato anche Loris di portarsi roba pesante che fa freddo, col risultato che ci troviamo vestiti quasi come Totò e Peppino quando arrivano a Milano mentre la temperatura a Londra supera i 30 gradi con qualcosa come 70% di umidità)dopo aver finalmente sfoderato il mio inglese (fortunatamente di livello abbastanza buono) riesco ad arrivare al banco delle informazioni turistiche e a uscirne vittoriosa con in mano le chiavi del mondo: due Oyster cards (vale a dire carte ricaricabili valide una settimana che ci permettono di viaggiare su bus e metro delle aree 1 e 2, ovvero il centro di Londra e la sua immedata periferia, quante volte vogliamo, 24h su 24.
E qui il nostro primo incontro/scontro con la metro. Per me, ovviamente, è stato subito amore. (spero in un prossimo post di poter approfondire l'argomento metro).
La stazione più vicina all'albergo è Earls Court. Per 6 dei 10 giorni di permanenza a Londra impieghiamo 10 minuti a piedi a giungere la stazione, facendo l'intero giro dell'isolato, per poi scoprire che la stazione ha un'uscita sul retro che sbuca praticamente a 50 m dal nostro albergo...
La scelta dell'alloggio si è rivelata giusta: pur essendo un albergo senza pretese, con una cameretta di 3 metri quadrati, un armadio per aprire il quale è necessario spostare i letti e la totale assenza dello spazzolino del WC (assenza che, a quanto pare, è un po' il leitmotiv delle mie vacanze e alla quale ormai mi sono abituta)è in un quartiere carino, tranquillo ma vivace, pieno di ristoranti e posti dove mangiare e abbastanza pulito. Insomma, il rapporto qualità prezzo c'è tutto e ancora una volta sono riuscita a beccare nel segno pur prenotando via internet (Dio benedica Venere.com e i commenti degli utenti).
E' dopo aver disfatto le valigie che abbiamo il nostro primo, terrificante incontro ravvicinato con quello che per tutta la vacanza sarà un po' il nostro nemico: il CIBO.
Ora, io sono una persona che adora andare all'estero, ama sperimentare, otre alle abitudini del posto, anche le varie cucine e i gusti locali. Detesto quegli italiani che vanno all'estero per mangiare nei ristoranti italiani e fare le cose che farebbero in Italia. E sono anche una persona che cerca di adattarsi col mangiare.
Come è risaputo, gli inglesi mangiano male. Quello che forse molti ignorano è QUANTO e IN CHE MODO mangiano male.
Se si vuole, esistono cibi sani (magari un po' più costosi ma poco importa) e non è quello il punto. Verdure ne trovi quante ne vuoi. I problemi in realtà sono due:
PRIMO: mentre noi italiani abbiamo fatto del cibo una cultura e per noi mangiare è un piacere, un'arte, per gli inglesi mangiare è necessità. Si mangia perchè sennò si muore. Quindi ovviano a questa necessità con lo stesso spirito con cui noi italiani che so, andiamo in bagno o ci grattiamo il naso se ci prude o ci addormentiamo se abbiamo sonno: senza entusiasmo. E' questo, credo, che avvilisce di più un italiano a Londra all'ora dei pasti. E' il rilevare spesso la scarsità dei tavoli nei bar o nei ristoranti, il vedere gli inglesi che all'ora di pranzo si comprano un panino inscatolato e se lo divorano in piedi, camminando, senza fermarsi un secondo, il trangugiare a casaccio dove si è. Il sapore ha poca impotanza, l'importante è mangiare velocemente e tornare a fare quello che si stava facendo.
SECONDO: gli inglesi hanno un senso del gusto diversissimo dal nostro, per noi inaccettabile e incomprensibile. ok, passi che non disponendo di un condimento come l'olio devono inventarsi dei modi onde evitare di mangiare l'insalata così come i conigli, però, cazzo, loro mica riescono a stare fermi e lasciare ai cibi il loro sapore naturale...no, porca miseria, ci devono rimettere le mani! Devono condire, è più forte di loro, devono mescolare, non ce la fanno a stare fermi. E' così che noi, da ingenui, ordiniamo un panino al formaggio e ci troviamo davanti un sandwich con dentro formaggio (come promesso) maionese (e ci può stare) e marmellata tutto ben mescolato insieme(eh no eh, cazzo, questo è troppo). Dopo i primi giorni però si impara la lezione: a Londra le cose, e il cibo soprattutto, non sono mai quello che sembrano ma nascondono al loro interno ben altro. Quindi occhio e andateci cauti.
Avevo già pensato praticamente appena tornata di postare qui sul blog un resoconto di Londra, un incrocio fra una guida molto ma mooolto diluita e limitata alle cose che ho visto e un diario di bordo delle mie impressioni nella capitale britannica.
Beh, visto che stasera sono a casa mi accingo quindi a realizzare i miei propositi, sperando che qualcuno dei quattro gatti che frequentano il mio blog possa apprezzare.
Arrivare a Londra, soprattutto se provenienti da una cittadina di provincia come me, può essere traumatico: un paese dove non parlano la tua lingua, non c'è l'euro e soprattutto una città tanto grande e tanto popolosa già di per sè sono elementi a sufficienza per creare inquietudine. Se ci aggiungiamo il fatto che spesso e volentieri gli italiani all'estero sono un pochettino (concedetemelo su che è vero) incapaci e che la vita là è carissima e ci se ne accorge subito, beh, le cose si complicano.
Se come me si arriva all'aereoporto di Luton, disante qualcosina più di un'ora da Londra, la prima cosa da fare è cercare un mezzo di trasporto per giungere a destinazione. L'aereoporto non è grandissimo ma ha già tutti i requisiti per soddisfare un inglese doc: è funzionale, è efficiente e ha tanti negozi dove sono reperibili i mai troppo diffusi trogolai mangerecci (non vi fate ingannare dall'apparenza salubre, anche i cibi più morigerati sono avvolti nella plastica che nasconde due dita buone di maionese e il malefico curry).
Un "forestiero" qualsiasi, specie se italiano, noterà che manca una cosa abbastanza importante: un banchino di info turistiche (sì, ce n'è uno, ma è riservato alla prenotazione di ostelli o alberghi).Così ci si trova davanti mille banchini di altrettante società di trasporti (via treno o via bus) che si offrono di portarti a Londra. Il prezzo di un viaggio (solo andata Luton-Londra) si aggira fra i 12 e i 15 £. Quale sia la convenienza di una società puttosto che di un'altra o di un treno piuttosto che di un pullman non mi è riuscito capirlo, anche perchè io, da brava italiana, ho fatto quello che la maggior parte dei miei conazionali fa appena arrivati in un paese straniero: stanno tutti compatti e tendono a seguire come un branco di pecorelle smarrite quelli che parlano la loro stessa lingua: così abbiamo fatto noi "seguendo" una coppia bergamasca e così ha fatto la famiglia veronese che ha seguito noi.
Con 12£ e un'ora di viaggio dunque il pullman (il nostro come le altre mille linee di pullman) ci ha scaricato con due valigiozzi belli pesanti alla Victoria Station, nel bel mezzo del casino e dell'andirivieni frettoloso di centinaia fra turisti, oriundi e chissà che altro, arrivederci e grazie alè alè.
Dove andare? Cosa fare? anche se prima della partenza mi ero già documentata su cose che è sempre bene avere in testa PRIMA di arrivare: l'indirizzo dell'albergo, la sua ubicazione, i mezzi di trasporto con cui è possibile giungerci nel minor tempo possibile, dove comprare i biglietti per i mezzi pubblici e l'esistenza o meno di una carta-abbonamento che faccia sconti turistici, la sensazione di smarrimento è forte, anche perché, e questa è una costante di Londra, le indicazioni sono spesso insufficienti e talvolta contrastanti.
Dopo una mezz'ora a girare per l'isolato con i valigioni pesanti, Loris che bestemmia dietro di me e un caldo afoso da morire (eh già, perchè io, memore dei miei viaggi estivi a Berlino prima e in Irlanda poi, mi ero premunita e avevo avvisato anche Loris di portarsi roba pesante che fa freddo, col risultato che ci troviamo vestiti quasi come Totò e Peppino quando arrivano a Milano mentre la temperatura a Londra supera i 30 gradi con qualcosa come 70% di umidità)dopo aver finalmente sfoderato il mio inglese (fortunatamente di livello abbastanza buono) riesco ad arrivare al banco delle informazioni turistiche e a uscirne vittoriosa con in mano le chiavi del mondo: due Oyster cards (vale a dire carte ricaricabili valide una settimana che ci permettono di viaggiare su bus e metro delle aree 1 e 2, ovvero il centro di Londra e la sua immedata periferia, quante volte vogliamo, 24h su 24.
E qui il nostro primo incontro/scontro con la metro. Per me, ovviamente, è stato subito amore. (spero in un prossimo post di poter approfondire l'argomento metro).
La stazione più vicina all'albergo è Earls Court. Per 6 dei 10 giorni di permanenza a Londra impieghiamo 10 minuti a piedi a giungere la stazione, facendo l'intero giro dell'isolato, per poi scoprire che la stazione ha un'uscita sul retro che sbuca praticamente a 50 m dal nostro albergo...
La scelta dell'alloggio si è rivelata giusta: pur essendo un albergo senza pretese, con una cameretta di 3 metri quadrati, un armadio per aprire il quale è necessario spostare i letti e la totale assenza dello spazzolino del WC (assenza che, a quanto pare, è un po' il leitmotiv delle mie vacanze e alla quale ormai mi sono abituta)è in un quartiere carino, tranquillo ma vivace, pieno di ristoranti e posti dove mangiare e abbastanza pulito. Insomma, il rapporto qualità prezzo c'è tutto e ancora una volta sono riuscita a beccare nel segno pur prenotando via internet (Dio benedica Venere.com e i commenti degli utenti).
E' dopo aver disfatto le valigie che abbiamo il nostro primo, terrificante incontro ravvicinato con quello che per tutta la vacanza sarà un po' il nostro nemico: il CIBO.
Ora, io sono una persona che adora andare all'estero, ama sperimentare, otre alle abitudini del posto, anche le varie cucine e i gusti locali. Detesto quegli italiani che vanno all'estero per mangiare nei ristoranti italiani e fare le cose che farebbero in Italia. E sono anche una persona che cerca di adattarsi col mangiare.
Come è risaputo, gli inglesi mangiano male. Quello che forse molti ignorano è QUANTO e IN CHE MODO mangiano male.
Se si vuole, esistono cibi sani (magari un po' più costosi ma poco importa) e non è quello il punto. Verdure ne trovi quante ne vuoi. I problemi in realtà sono due:
PRIMO: mentre noi italiani abbiamo fatto del cibo una cultura e per noi mangiare è un piacere, un'arte, per gli inglesi mangiare è necessità. Si mangia perchè sennò si muore. Quindi ovviano a questa necessità con lo stesso spirito con cui noi italiani che so, andiamo in bagno o ci grattiamo il naso se ci prude o ci addormentiamo se abbiamo sonno: senza entusiasmo. E' questo, credo, che avvilisce di più un italiano a Londra all'ora dei pasti. E' il rilevare spesso la scarsità dei tavoli nei bar o nei ristoranti, il vedere gli inglesi che all'ora di pranzo si comprano un panino inscatolato e se lo divorano in piedi, camminando, senza fermarsi un secondo, il trangugiare a casaccio dove si è. Il sapore ha poca impotanza, l'importante è mangiare velocemente e tornare a fare quello che si stava facendo.
SECONDO: gli inglesi hanno un senso del gusto diversissimo dal nostro, per noi inaccettabile e incomprensibile. ok, passi che non disponendo di un condimento come l'olio devono inventarsi dei modi onde evitare di mangiare l'insalata così come i conigli, però, cazzo, loro mica riescono a stare fermi e lasciare ai cibi il loro sapore naturale...no, porca miseria, ci devono rimettere le mani! Devono condire, è più forte di loro, devono mescolare, non ce la fanno a stare fermi. E' così che noi, da ingenui, ordiniamo un panino al formaggio e ci troviamo davanti un sandwich con dentro formaggio (come promesso) maionese (e ci può stare) e marmellata tutto ben mescolato insieme(eh no eh, cazzo, questo è troppo). Dopo i primi giorni però si impara la lezione: a Londra le cose, e il cibo soprattutto, non sono mai quello che sembrano ma nascondono al loro interno ben altro. Quindi occhio e andateci cauti.
martedì 12 agosto 2008
Ritorno al passato
Piano piano riprendo le consegne di quello che le ferie avevano lasciato in sospeso.
Ritorno al lavoro, al mio corpo, alla mia casa, alla routine e una dolce malinconia mi pervade.
Riscopro il piacere di portare fuori il cane al tramonto. Arturo è il miglior compagno di viaggio che esista: allegro ed entusiasta, sebbene di tanto in tanto euforico, sa anche essere discreto e silenzioso.
Non so chi dei due abbia condotto l'altro e abbia scelto il percorso odierno. Ancora penso a quello che dovrò fare domani al lavoro e ad altri pensieri grigi e mi rendo conto che siamo nel quartiere dei nonni,il quartiere dell'infanzia. Non ci passo da tanto tempo, credo.
E' semideserto. Alcune finestre hanno dei panni stesi fuori, quasi a chiedere pietà al caldo e alla polvere.
Attraversiamo sul piccolo ponte il rio quasi in secca. Riconosco l'odore dell'acqua stagnante, quell'odore che a volte faceva da cornice nel cortile della nonna sarta, quel fazzoletto di mattonelle e grandi vasi di terriccio con dentro i fondi di caffè "perchè concimano" che, non so perchè, si ostinava a chiamare orto.
Da lì, con una canna da pesca inventata con un bastone della scopa e filze bianche mi improvvisavo pescatrice di rane. Che gioia quando riuscivo, sporgendomi con cautela, a far toccare l'acqua alla mia esca!
Il messaggio nella bottiglia del succo di frutta che un giorno con un'amica lanciammo nelle acque. Si arenò poco dopo. Per molti giorni rimase lì, poi non fu più visto. Chissà se mai sia arrivato da qualche parte. Me lo chiedo oggi, pur senza ricordare cosa vi fosse scritto all'interno, come se quel messaggio fosse questione di vita o di morte.
Passo davanti a quelle che erano le case delle mie amiche d'infanzia. Una, da quanto so, si è trasferita con la famiglia. L'altra non so se abiti più lì. Forse è in vacanza. Forse si è sposata. Chissà.
Dopo la curva, sulla sinistra, ricordo che tanto tempo fa c'era un pugno di negozi: un piccolo bar dimesso che faceva focaccine bisunte, la parrucchiera, una pizzeria dove per la prima volta io e le amiche siamo andate a mangiare una pizza da sole, la sera prima di un primo giorno di scuola alle medie e la cartoleria dove la nonna se ero brava mi portava a comprare le gomme profumate.
Ricordo che ho sempre desiderato, senza mai averla, una gomma a forma di idrante. Ho il suo odore, la sua consistenza scolpiti nella mente.
Il bar è chiuso per ferie, così come la parrucchiera; il ristorante ha cambiato arredamento, nome e gestione. La cartoleria ha chiuso, le tapparelle rotte e polverose; dei fiori dipinti sul vetro di quella che una volta era la vetrina restano come unica testimonianza di una passata attività.
Il parcheggio sul retro della casa dei nonni, dove abbiamo aspettato il camion della nettezza, quando abbiamo svuotato le cantine.
Le mattine d'estate passate in cantina, con nonna che faceva la conserva, nonno che lavorava alle sue invenzioni e mi dava dei pezzetti di legno e della colla per i miei giochi. Il pavimento di terra battuta, la cenere per pulire. Tutta quella roba nella cantina, quanta fatica per svuotarla fra le lacrime! Quando è stato? Neppure due anni fa eppure questo poco tempo pesa sulle mie spalle come un fardello.
La persiana di quella che una volta era la cucina dei nonni pende di sghembo, rotta. Nemmeno due anni, eppure già si notano i segni dell'abbandono.
Anche la bottega accanto, quella che vendeva alimentari, dove la nonna andava col portafogli sotto il braccio e una sporta in finta pelle, ha chiuso i battenti poco prima che morisse mio nonno. Troppi pochi clienti, troppo costosa l'attività. Ricordo ancora come era disposta la roba sugli scaffali, la pasta davanti alla porta, vicino alla cassa e il banco delle verdure in fondo, una biro legata con un elastico allo scaffale per scrivere i prezzi sui cartocci.
Venticinque anni o qualcosa in meno trascorsi come un secolo e i ricordi restano così nitidi!
Con la coda dell'occhio guardo il davanti della casa del nonno giardiniere. Il sempreverde davanti avrebbe bisogno di essere potato. Sono lavori che vanno fatti a settembre, così mi diceva. Sapevo che era settembre perchè si potava il sempreverde e ora chissà chi lo fa al posto di nonno e soprattutto chissà se saprà che va potato a settembre.
Arturo trova qualcosa di interessante da annusare, così mi fermo, giusto in tempo per notare che la finestra della camerina ha le persiane aperte.
Qualcuno vive nella casa, o ci sta lavorando.
La finestra ha ancora le tende di nylon, quelle povere, che imitavano il pizzo, tutte traforate. Ricordo le mie dita paffute che si insinuano tra i trafori e nonna che mi brontola perchè le rovino.
Ho passato interi pomeriggi in quella stanza. Riposavo sul letto con la coperta con le rose, quello sempre pronto a ospitarmi, se avessi voluto dormire da loro. Ma io ero testarda, e preferivo dormire a casa mia, o dalle amiche, se i miei non c'erano.
Agosto 2001 se non vado errata, l'ultima notte che ho dormito lì, quando mi ero appena lasciata dal mio primo ragazzo. Ancora una volta la casa dei nonni, come quando ero piccola, mi ha fornito rifugio dai mali esterni, quella stanza fuori dal tempo, dove una volta, più di venti anni fa, passavo i pomeriggi a osservare il mondo fuori dalla finestra, a contare gli autobus che passavano ogni mezz'ora, quelli grossi, pesanti, che andavano verso la montagna.
Come vorrei rifugiarmi ancora fra quelle mura, suonare il campanello, sentire l'odore di quella casa, e passare anche solo mezz'ora in quella zona franca che era l'appartamento dei nonni. Vedere mio nonno seduto che fa i rebus della settimana enigmistica, la nonna in cucina che lava i piatti.
Una casa dove tutto, da anni, ha una sua precisa collocazione, dove tutto sembrava aspettare solo me.
Ma tutto cambia, tutto è simile ai nostri ricordi eppure allo stesso tempo così diverso.
E' stato come guardare uno dei miei film preferiti, di quelli visti talmente tante volte da imparare a memoria le battute del cast e rendersi conto che gli attori non ci sono, che la trama non c'è più, che c'è solo il set visibile a malapena su uno schermo squarciato.
La gola mi si annoda.
Come sempre il mio fido amico mi salva, tirando il guinzaglio e guardandomi con quel modo tutto suo che ha di guardarmi come a dire "Ebbene?"
"Via, si va a mangiare" gli dico. Immediatamente capisce e si rimette in moto e io dietro di lui.
Mentre ci avviamo verso casa rifletto ancora un poco sui segreti che ci legano a questo mondo, in particolare a cosa resta dell'uomo quando l'uomo se ne va.
Ritorno al lavoro, al mio corpo, alla mia casa, alla routine e una dolce malinconia mi pervade.
Riscopro il piacere di portare fuori il cane al tramonto. Arturo è il miglior compagno di viaggio che esista: allegro ed entusiasta, sebbene di tanto in tanto euforico, sa anche essere discreto e silenzioso.
Non so chi dei due abbia condotto l'altro e abbia scelto il percorso odierno. Ancora penso a quello che dovrò fare domani al lavoro e ad altri pensieri grigi e mi rendo conto che siamo nel quartiere dei nonni,il quartiere dell'infanzia. Non ci passo da tanto tempo, credo.
E' semideserto. Alcune finestre hanno dei panni stesi fuori, quasi a chiedere pietà al caldo e alla polvere.
Attraversiamo sul piccolo ponte il rio quasi in secca. Riconosco l'odore dell'acqua stagnante, quell'odore che a volte faceva da cornice nel cortile della nonna sarta, quel fazzoletto di mattonelle e grandi vasi di terriccio con dentro i fondi di caffè "perchè concimano" che, non so perchè, si ostinava a chiamare orto.
Da lì, con una canna da pesca inventata con un bastone della scopa e filze bianche mi improvvisavo pescatrice di rane. Che gioia quando riuscivo, sporgendomi con cautela, a far toccare l'acqua alla mia esca!
Il messaggio nella bottiglia del succo di frutta che un giorno con un'amica lanciammo nelle acque. Si arenò poco dopo. Per molti giorni rimase lì, poi non fu più visto. Chissà se mai sia arrivato da qualche parte. Me lo chiedo oggi, pur senza ricordare cosa vi fosse scritto all'interno, come se quel messaggio fosse questione di vita o di morte.
Passo davanti a quelle che erano le case delle mie amiche d'infanzia. Una, da quanto so, si è trasferita con la famiglia. L'altra non so se abiti più lì. Forse è in vacanza. Forse si è sposata. Chissà.
Dopo la curva, sulla sinistra, ricordo che tanto tempo fa c'era un pugno di negozi: un piccolo bar dimesso che faceva focaccine bisunte, la parrucchiera, una pizzeria dove per la prima volta io e le amiche siamo andate a mangiare una pizza da sole, la sera prima di un primo giorno di scuola alle medie e la cartoleria dove la nonna se ero brava mi portava a comprare le gomme profumate.
Ricordo che ho sempre desiderato, senza mai averla, una gomma a forma di idrante. Ho il suo odore, la sua consistenza scolpiti nella mente.
Il bar è chiuso per ferie, così come la parrucchiera; il ristorante ha cambiato arredamento, nome e gestione. La cartoleria ha chiuso, le tapparelle rotte e polverose; dei fiori dipinti sul vetro di quella che una volta era la vetrina restano come unica testimonianza di una passata attività.
Il parcheggio sul retro della casa dei nonni, dove abbiamo aspettato il camion della nettezza, quando abbiamo svuotato le cantine.
Le mattine d'estate passate in cantina, con nonna che faceva la conserva, nonno che lavorava alle sue invenzioni e mi dava dei pezzetti di legno e della colla per i miei giochi. Il pavimento di terra battuta, la cenere per pulire. Tutta quella roba nella cantina, quanta fatica per svuotarla fra le lacrime! Quando è stato? Neppure due anni fa eppure questo poco tempo pesa sulle mie spalle come un fardello.
La persiana di quella che una volta era la cucina dei nonni pende di sghembo, rotta. Nemmeno due anni, eppure già si notano i segni dell'abbandono.
Anche la bottega accanto, quella che vendeva alimentari, dove la nonna andava col portafogli sotto il braccio e una sporta in finta pelle, ha chiuso i battenti poco prima che morisse mio nonno. Troppi pochi clienti, troppo costosa l'attività. Ricordo ancora come era disposta la roba sugli scaffali, la pasta davanti alla porta, vicino alla cassa e il banco delle verdure in fondo, una biro legata con un elastico allo scaffale per scrivere i prezzi sui cartocci.
Venticinque anni o qualcosa in meno trascorsi come un secolo e i ricordi restano così nitidi!
Con la coda dell'occhio guardo il davanti della casa del nonno giardiniere. Il sempreverde davanti avrebbe bisogno di essere potato. Sono lavori che vanno fatti a settembre, così mi diceva. Sapevo che era settembre perchè si potava il sempreverde e ora chissà chi lo fa al posto di nonno e soprattutto chissà se saprà che va potato a settembre.
Arturo trova qualcosa di interessante da annusare, così mi fermo, giusto in tempo per notare che la finestra della camerina ha le persiane aperte.
Qualcuno vive nella casa, o ci sta lavorando.
La finestra ha ancora le tende di nylon, quelle povere, che imitavano il pizzo, tutte traforate. Ricordo le mie dita paffute che si insinuano tra i trafori e nonna che mi brontola perchè le rovino.
Ho passato interi pomeriggi in quella stanza. Riposavo sul letto con la coperta con le rose, quello sempre pronto a ospitarmi, se avessi voluto dormire da loro. Ma io ero testarda, e preferivo dormire a casa mia, o dalle amiche, se i miei non c'erano.
Agosto 2001 se non vado errata, l'ultima notte che ho dormito lì, quando mi ero appena lasciata dal mio primo ragazzo. Ancora una volta la casa dei nonni, come quando ero piccola, mi ha fornito rifugio dai mali esterni, quella stanza fuori dal tempo, dove una volta, più di venti anni fa, passavo i pomeriggi a osservare il mondo fuori dalla finestra, a contare gli autobus che passavano ogni mezz'ora, quelli grossi, pesanti, che andavano verso la montagna.
Come vorrei rifugiarmi ancora fra quelle mura, suonare il campanello, sentire l'odore di quella casa, e passare anche solo mezz'ora in quella zona franca che era l'appartamento dei nonni. Vedere mio nonno seduto che fa i rebus della settimana enigmistica, la nonna in cucina che lava i piatti.
Una casa dove tutto, da anni, ha una sua precisa collocazione, dove tutto sembrava aspettare solo me.
Ma tutto cambia, tutto è simile ai nostri ricordi eppure allo stesso tempo così diverso.
E' stato come guardare uno dei miei film preferiti, di quelli visti talmente tante volte da imparare a memoria le battute del cast e rendersi conto che gli attori non ci sono, che la trama non c'è più, che c'è solo il set visibile a malapena su uno schermo squarciato.
La gola mi si annoda.
Come sempre il mio fido amico mi salva, tirando il guinzaglio e guardandomi con quel modo tutto suo che ha di guardarmi come a dire "Ebbene?"
"Via, si va a mangiare" gli dico. Immediatamente capisce e si rimette in moto e io dietro di lui.
Mentre ci avviamo verso casa rifletto ancora un poco sui segreti che ci legano a questo mondo, in particolare a cosa resta dell'uomo quando l'uomo se ne va.
venerdì 18 luglio 2008
Chiuso per (strameritate) ferie
martedì 1 luglio 2008
Mammia mia come sto messa...
Visto che ormai i post di questo blog stanno diventando piccole tessere che compongono un mosaico sul mio ingresso tragicomico nel mondo di coloro che cercano lavoro, stasera ne aggiungo un'altra.
Domani primo concorso pubblico. Via via che diminuisce il numero di ore mi separa dal fatidico momento in cui mi propineranno davanti una pappardella di questionario a crocette alle quali, matematico, non saprò rispondere (causa la mia preparazione estremamente farraginosa)aumenta in me la convinzione che, cazzo, a me mica mi piacerebbe lavorare in comune o in un ente pubblico...e allora perchè cavolo lo faccio?
Così mi metto a bighellonare su internet, bazzico i soliti siti di sempre nei quali sono divenuta un'habituèe, come l'ubriaco al suo bar: quello della provincia di Pistoia, quello della provincia di Prato e altri siti dove ci sono le offerte di lavoro.
Poi per caso mi prende lo sfizio di andare a controllare anche un link trovato su uno di quei tristi siti per giovani (non ggiovani con due g che skrivono tutto kon la kappa, ma un sito dove per giovani si intende trentenni o giù di lì che, per destino o per volontà, sono in preda a una disperata sindrome di peter pan).
Appena leggo la prima offerta di lavoro mi rendo conto che è meglio mille volte fare un concorso pubblico, vincerlo ed entrare a lavorare come scemo del villaggio stipendiato che fare le cose (qualunque esse siano) che sono scritte nell'annuncio.
Non sto parlando di prostituzione, vendita di bambini o spaccio di droga. Parlo di cose come questa . Ok, per i pigri copio e incollo, basta sappiate che sta stronzata ha una fonte internet ufficiale e non è una delle solite cazzate sparate da me, anche perchè io non sarei assolutamente capace di concepire supercazzole del genere:
"Se sei in grado di elaborare idee non convenzionali e di trasformarle in risultati di eccellenza..."
(già a me ste frasi ridondanti, che iniziano col Se, così come quelle che iniziano con un'interrogativa retoricca, mi sanno di fregatura più del gioco delle tre carte)
Dunque, vediamo...idee non convenzionali...tipo fare posizioni erotiche che esulino dalle consuete sopra/sotto?
"...se sei abituato a considerare i problemi come sfide da superare per puntare sempre più in alto..."
no, veramente io i problemi li considero rotture di coglioni pure e semplici
"...entra in Accenture!..."
hmm questo nome non mi è nuovo...dove mai l'avrò sentito?
"...ti offriamo gli strumenti e la formazione ideali per costruire la tua carriera in un ambiente internazionale e crescere velocemente..."
cosa significa? non dice nulla! Si spieghi meglio...
"...Siamo un’azienda globale di Management Consulting, Systems Integration & Technology e Outsourcing..."
aaah, ora sì che ho capito...
"...Cerchiamo persone di talento per la nostra workforce Consulting, costituita dai migliori esperti in strategie, processi e soluzioni tecnologiche che affiancano le aziende in importanti progetti di sviluppo organizzativo e radicale trasformazione. In particolare, stiamo potenziando l’area Systems Integration & Technology, focalizzata su attività di analisi di processo, implementazione di soluzioni applicative personalizzate o integrate quali SAP, Oracle e Siebel, disegno di architetture e infrastrutture tecnologiche."
Ora, al di là del fatto che un c'ho capito nulla e che forse son ritardata, però, personalmente, a me mi irrita un casino quando l'inglesaccio da affari viene, copme in questo caso, straabusato e mescolato a sigle inutili come SAP (Società Acrobati Perditempo?), quasi a voler far abboccare tanti allocchi che leggendo un annuncio del genere pensano "oooh, quanto sono avanti, dicono cose che nessuno riesce a capire perchè sono troppo avanti!!" quando invece la realtà dei fatti è quella più semplice, ovvero che hanno sparato termini a caso un po' qua e un po'là giusto per essere, per dirla con il loro linguaggio, eyecatching.
E poi comunque io della Accenture me ne ricordo per due motivi.
Il primo: non so come un ragazzo che conosco ebbe la malaugurata idea di andare a fare un colloquio in quel luogo di perdizione e il coraggio non da tutti di andarsene a metà mattinata infamandoli.
Il secondo, se la memoria non mi inganna, ha a che fare con Bush e Berlusconi, due personcine i cui nomi dicono tutto...
Quando vedo ste boiate, mi domando che tipo di lavoro mi aspetta...
Domani primo concorso pubblico. Via via che diminuisce il numero di ore mi separa dal fatidico momento in cui mi propineranno davanti una pappardella di questionario a crocette alle quali, matematico, non saprò rispondere (causa la mia preparazione estremamente farraginosa)aumenta in me la convinzione che, cazzo, a me mica mi piacerebbe lavorare in comune o in un ente pubblico...e allora perchè cavolo lo faccio?
Così mi metto a bighellonare su internet, bazzico i soliti siti di sempre nei quali sono divenuta un'habituèe, come l'ubriaco al suo bar: quello della provincia di Pistoia, quello della provincia di Prato e altri siti dove ci sono le offerte di lavoro.
Poi per caso mi prende lo sfizio di andare a controllare anche un link trovato su uno di quei tristi siti per giovani (non ggiovani con due g che skrivono tutto kon la kappa, ma un sito dove per giovani si intende trentenni o giù di lì che, per destino o per volontà, sono in preda a una disperata sindrome di peter pan).
Appena leggo la prima offerta di lavoro mi rendo conto che è meglio mille volte fare un concorso pubblico, vincerlo ed entrare a lavorare come scemo del villaggio stipendiato che fare le cose (qualunque esse siano) che sono scritte nell'annuncio.
Non sto parlando di prostituzione, vendita di bambini o spaccio di droga. Parlo di cose come questa . Ok, per i pigri copio e incollo, basta sappiate che sta stronzata ha una fonte internet ufficiale e non è una delle solite cazzate sparate da me, anche perchè io non sarei assolutamente capace di concepire supercazzole del genere:
"Se sei in grado di elaborare idee non convenzionali e di trasformarle in risultati di eccellenza..."
(già a me ste frasi ridondanti, che iniziano col Se, così come quelle che iniziano con un'interrogativa retoricca, mi sanno di fregatura più del gioco delle tre carte)
Dunque, vediamo...idee non convenzionali...tipo fare posizioni erotiche che esulino dalle consuete sopra/sotto?
"...se sei abituato a considerare i problemi come sfide da superare per puntare sempre più in alto..."
no, veramente io i problemi li considero rotture di coglioni pure e semplici
"...entra in Accenture!..."
hmm questo nome non mi è nuovo...dove mai l'avrò sentito?
"...ti offriamo gli strumenti e la formazione ideali per costruire la tua carriera in un ambiente internazionale e crescere velocemente..."
cosa significa? non dice nulla! Si spieghi meglio...
"...Siamo un’azienda globale di Management Consulting, Systems Integration & Technology e Outsourcing..."
aaah, ora sì che ho capito...
"...Cerchiamo persone di talento per la nostra workforce Consulting, costituita dai migliori esperti in strategie, processi e soluzioni tecnologiche che affiancano le aziende in importanti progetti di sviluppo organizzativo e radicale trasformazione. In particolare, stiamo potenziando l’area Systems Integration & Technology, focalizzata su attività di analisi di processo, implementazione di soluzioni applicative personalizzate o integrate quali SAP, Oracle e Siebel, disegno di architetture e infrastrutture tecnologiche."
Ora, al di là del fatto che un c'ho capito nulla e che forse son ritardata, però, personalmente, a me mi irrita un casino quando l'inglesaccio da affari viene, copme in questo caso, straabusato e mescolato a sigle inutili come SAP (Società Acrobati Perditempo?), quasi a voler far abboccare tanti allocchi che leggendo un annuncio del genere pensano "oooh, quanto sono avanti, dicono cose che nessuno riesce a capire perchè sono troppo avanti!!" quando invece la realtà dei fatti è quella più semplice, ovvero che hanno sparato termini a caso un po' qua e un po'là giusto per essere, per dirla con il loro linguaggio, eyecatching.
E poi comunque io della Accenture me ne ricordo per due motivi.
Il primo: non so come un ragazzo che conosco ebbe la malaugurata idea di andare a fare un colloquio in quel luogo di perdizione e il coraggio non da tutti di andarsene a metà mattinata infamandoli.
Il secondo, se la memoria non mi inganna, ha a che fare con Bush e Berlusconi, due personcine i cui nomi dicono tutto...
Quando vedo ste boiate, mi domando che tipo di lavoro mi aspetta...
giovedì 19 giugno 2008
Sarà capitato anche a voi...
Fra i primi passi per cercare lavoro c'è ovviamente l'immancabile compilazione del Curriculum Vitae.
Cioè, di CurriculA (sì cari miei non latinisti, il plurale è Curricula e non Curriculi, alla pistoiese, che ha la stessa declinazione di euri) già ne avevo compilati, ma MAI seguendo la traccia infernale del modello europeo, quella in cui mi sono imbattuta oggi, perchè oggi per sembrare uno serio bisogna compilare quel modello lì, scaricabile da internet e non vi ci metto nemmeno il link tanto basta digitiate su google (che è la massima fonte di sapere del mondo d'oggi) la parola curriculum modello europeo per essere soddisfatti).
Premetto che già non è facile di per sè, soprattutto per coloro che sono alle prime esperienze lavorative "ufficiali" far risaltare, in poche righe e in un linguaggio conciso, le proprie caratteristiche "positive", se poi a questo ci si aggiunge quel cavolo di modello che, oltre ad avere parametri rigidi degni di una ex SS tedesca, è stato realizzato tutto con una TABELLA di MICROSOFT WORD, una delle cose a cui associo la voce di mia madre che quando ero piccola e stavo per toccare qualcosa che non andava bene mi diceva "caaacca!!" capirete bene perchè oggi sono così sclerata.
Non potete immaginare, a meno che non l'abbiate già fatto, passare 2 ore sudando e cercando di compilare in maniera corretta quell'accrocco lì, per poi rileggerlo e capire che praticamente non c'è verso, a meno di non accompagnarlo da una lettera di presentazione, di far risaltare le proprie caratteristiche positive. Anzi, secondo me chiunque, anche chi possiede un curriculum lungo km, apparirebbe un deficiente patentato.
Ecco alcuni dei campi da compilare presenti in quel modello infernale (ah da aggiungere che ovviamente li devi compilare nei caratteri scelti da loro e che a volte ti piglia il maiuscolo quando non ci vuole e devi fare mille casini per levarlo):
ISTRUZIONE E FORMAZIONE
• Date (da – a) [Iniziare con le informazioni più recenti ed elencare separatamente ciascun corso pertinente frequentato con successo....vuol dire che devo partire dalla laurea per arrivare a ritroso fino alle elementari?]
• Nome e tipo di istituto di istruzione o formazione
• Principali materie / abilità professionali oggetto dello studio
• Qualifica conseguita
• Livello nella classificazione nazionale (se pertinente) [eeh??!!! Puppaaaaa!!!!]
Da notare come poi non ci sia spazio per specificare la valutazione coneguita. Cioè, se magari uno si è diplomato con un bel voto gli garberebbe anche metterlo, visto che per certi concorsi etc. anche i voti contano.
La mia laurea col massimo dei voti viene così svilita con un sacco di anni buttati dentro a un'università non si sa nemmeno a fare che.
CAPACITÀ E COMPETENZE RELAZIONALI (Vivere e lavorare con altre persone, in ambiente multiculturale, occupando posti in cui la comunicazione è importante e in situazioni in cui è essenziale lavorare in squadra (ad es. cultura e sport), ecc. [Descrivere tali competenze e indicare dove sono state acquisite.]
Ecco, già qui mi sembra si stia uscendo dal seminato. Dunque vivere con altre persone: dove l'hai imparato? Beh forse da sempre, in casa tua, a meno che uno non sia nato autogenerandosi in qualche zona deserta. Che domande sono? a me stanno già antipatiche.
CAPACITÀ E COMPETENZE ARTISTICHE (Musica, scrittura, disegno ecc.)[ Descrivere tali competenze e indicare dove sono state acquisite. ]
Vogliono ridurre a schema anche le competenze artistiche che talvolta son innate e che di schematico non hanno mai nulla. Tipo uno che è bravo a disegnare, 99 per cento ha imparato da sè perchè c'era portato...sono sempre più convinta che sia stato ideato da un americano questo modello, anche se è un modello europeo...
ALTRE CAPACITÀ E COMPETENZE (Competenze non precedentemente indicate.) [Descrivere tali competenze e indicare dove sono state acquisite. ]
Del tipo??? so scaccolarmi e mandare un sms contemporaneamente?
Insomma, tutta sta pappardella di post è qui allo scopo innanzitutto di polemizzare (cosa sarebbe alla fine la mia vita senza le mie quotidiane polemiche?) e in secondo luogo per fare un appello:
Se qualcuno di voi ha già compilato sto curriculum lo prego di cercare di spiegarmi al meglio come si fa o di farmelo copiare come si faceva a scuola perchè io già mi sono arenata a "Livello nella classifica nazionale (se pertinente)".
Cioè, di CurriculA (sì cari miei non latinisti, il plurale è Curricula e non Curriculi, alla pistoiese, che ha la stessa declinazione di euri) già ne avevo compilati, ma MAI seguendo la traccia infernale del modello europeo, quella in cui mi sono imbattuta oggi, perchè oggi per sembrare uno serio bisogna compilare quel modello lì, scaricabile da internet e non vi ci metto nemmeno il link tanto basta digitiate su google (che è la massima fonte di sapere del mondo d'oggi) la parola curriculum modello europeo per essere soddisfatti).
Premetto che già non è facile di per sè, soprattutto per coloro che sono alle prime esperienze lavorative "ufficiali" far risaltare, in poche righe e in un linguaggio conciso, le proprie caratteristiche "positive", se poi a questo ci si aggiunge quel cavolo di modello che, oltre ad avere parametri rigidi degni di una ex SS tedesca, è stato realizzato tutto con una TABELLA di MICROSOFT WORD, una delle cose a cui associo la voce di mia madre che quando ero piccola e stavo per toccare qualcosa che non andava bene mi diceva "caaacca!!" capirete bene perchè oggi sono così sclerata.
Non potete immaginare, a meno che non l'abbiate già fatto, passare 2 ore sudando e cercando di compilare in maniera corretta quell'accrocco lì, per poi rileggerlo e capire che praticamente non c'è verso, a meno di non accompagnarlo da una lettera di presentazione, di far risaltare le proprie caratteristiche positive. Anzi, secondo me chiunque, anche chi possiede un curriculum lungo km, apparirebbe un deficiente patentato.
Ecco alcuni dei campi da compilare presenti in quel modello infernale (ah da aggiungere che ovviamente li devi compilare nei caratteri scelti da loro e che a volte ti piglia il maiuscolo quando non ci vuole e devi fare mille casini per levarlo):
ISTRUZIONE E FORMAZIONE
• Date (da – a) [Iniziare con le informazioni più recenti ed elencare separatamente ciascun corso pertinente frequentato con successo....vuol dire che devo partire dalla laurea per arrivare a ritroso fino alle elementari?]
• Nome e tipo di istituto di istruzione o formazione
• Principali materie / abilità professionali oggetto dello studio
• Qualifica conseguita
• Livello nella classificazione nazionale (se pertinente) [eeh??!!! Puppaaaaa!!!!]
Da notare come poi non ci sia spazio per specificare la valutazione coneguita. Cioè, se magari uno si è diplomato con un bel voto gli garberebbe anche metterlo, visto che per certi concorsi etc. anche i voti contano.
La mia laurea col massimo dei voti viene così svilita con un sacco di anni buttati dentro a un'università non si sa nemmeno a fare che.
CAPACITÀ E COMPETENZE RELAZIONALI (Vivere e lavorare con altre persone, in ambiente multiculturale, occupando posti in cui la comunicazione è importante e in situazioni in cui è essenziale lavorare in squadra (ad es. cultura e sport), ecc. [Descrivere tali competenze e indicare dove sono state acquisite.]
Ecco, già qui mi sembra si stia uscendo dal seminato. Dunque vivere con altre persone: dove l'hai imparato? Beh forse da sempre, in casa tua, a meno che uno non sia nato autogenerandosi in qualche zona deserta. Che domande sono? a me stanno già antipatiche.
CAPACITÀ E COMPETENZE ARTISTICHE (Musica, scrittura, disegno ecc.)[ Descrivere tali competenze e indicare dove sono state acquisite. ]
Vogliono ridurre a schema anche le competenze artistiche che talvolta son innate e che di schematico non hanno mai nulla. Tipo uno che è bravo a disegnare, 99 per cento ha imparato da sè perchè c'era portato...sono sempre più convinta che sia stato ideato da un americano questo modello, anche se è un modello europeo...
ALTRE CAPACITÀ E COMPETENZE (Competenze non precedentemente indicate.) [Descrivere tali competenze e indicare dove sono state acquisite. ]
Del tipo??? so scaccolarmi e mandare un sms contemporaneamente?
Insomma, tutta sta pappardella di post è qui allo scopo innanzitutto di polemizzare (cosa sarebbe alla fine la mia vita senza le mie quotidiane polemiche?) e in secondo luogo per fare un appello:
Se qualcuno di voi ha già compilato sto curriculum lo prego di cercare di spiegarmi al meglio come si fa o di farmelo copiare come si faceva a scuola perchè io già mi sono arenata a "Livello nella classifica nazionale (se pertinente)".
sabato 14 giugno 2008
Concerto di nicchia?
Tanto per non smentire le buone vecchie abitudini, ieri sera ci siamo recati al seguito di Crampo a un concerto di nicchia.
Cioè, non so se fosse di nicchia o meno, bisognerebbe chiedere a lui, visto che lui è il vero esperto in materia.
Se un concerto aggratisse in un bel posto ma semideserto alla presenza quasi esclusiva di esperti in materia può essere ritenuto di nicchia, allora consideriamolo pure tale. In caso contrario, vorrà dire che mi son trovata alla data sfigata di un tour di un gruppo di massa.
Ora, visto che voglio esimermi, una volta tanto, dal fare pubblicità aggratisse (da qui in avanti cari miei voglio essere pagata) non dirò nè il luogo nè il nome del gruppo (non sia mai che offenda dei fans sfegatati che poi se la rifanno con me). Specificherò solo che si trattava di un concerto all'aperto, su un palco bello grandicello, di una band che faceva musica elettronica simil-anni 80.
La loro musica non mi ha emozionato (niente di nuovo sul fronte occidentale) il luogo forse non era il più adatto per un concerto del genere e il poco pubblico non ha certo giovato alla situazione in generale.
Ciononostante, come spesso accade in situazioni come quella di "stasi del divertimento", ovvero quando quel che mi viene proposto non mi fa divertire particolarmente, per svagarmi e trovare un diversivo adoro guardarmi intorno e studiare la gente.
In particolare quella di ieri sera, composta in buona parte da darkettoni, mi ha portato a uno studio più attento di questa strana specie.
Come quasi tutti sapranno, i dark sono solitamente un gruppo chiuso, una casta, un clan. La regola numero uno dice che non puoi scambiare più di 4 parole occasionali con un dark o, al limite, qualche insulto se a) non sei un dark anche tu e non lo dai a vedere b) non sei presentato al gruppo da un altro dark che riveste un ruolo particolarmente autoritario all'interno della tribù dark c) non hai salvato la vita a un altro dark.
In assenza dei suddetti presupposti sei destinato semplicemente a venire ignorato.
La chiusura dei dark si dimostra anche nel loro modo particolare di disporsi per ballare nei locali: in cerchi strettissimi intorno alle loro borse e giacche gettate al centro manco fossero un rogo sacro. (i dark temono gli influssi negativi degli attaccapanni sui loro effetti personali?)
Se fino a una ventina d'anni fa il dark era, oserei dire, più riservato e essenziale, una specie di filosofo triste, un pierrottone degli anni 80, negli ultimi tempi si è assistito a un massiccio rintamarrimento e incyberpunkamento del dark. Ai discreti pantaloni e giacche nere si sono sostituite gonnellone (per uomo) incatenacciate, un trucco (per uomo) sempre più pesante, misto a magliettine (per uomo) aderentissime e capaci di dare quell'immancabile tocco efebico. Inutile a dirsi, i dark più mascolini sono le donne, solitamente taglie forti, più forti dell'uomo che le accompagna e meno truccate di lui.
Interessante è anche vedere il loro modo particolare di ballare: mentre la parte superiore del loro corpo si dimena lentamente tipo serpente a destra e a manca, coi piedi fanno un movimento strano, come se cercassero di uscire da un terreno paludoso che li sta risucchiando. Per capire il motivo di tale pesantezza del passo non c'è che da guardare che razza di scarpe hanno ai piedi: anfibioni spaziali, rigorosamente neri (che ve lo dico a fà?) con zeppone imbarazzanti tutti pieni di catene e borchie pesanti un quintale con le quali già è difficile camminare, figurarsi ballare!!
Comunque, nonostante molti dei miei dubbi sui dark grazie all'esperienza e anche grazie alla mia riflessione di ieri sera siano stati chiariti, ho ancora molte questioni irrisolte nella mia mente al riguardo:
1) Cosa ne pensano i dark di quelli che non si vestono di nero? Se qualcuno va in un loro locale vestito di bianco, rischia di essere pestato? (no, giusto per sapere se una sera in cui non sono vestita di nero mi ci volessi intrufolare anche io)
2) Ma i dark più piccolini, quelli che vivono ancora coi genitori, escono di casa già vestiti in quel modo? Cioè, io penso a un RAGAZZO sui diciassette abbigliato con gonna lunga, scarpe con la zeppa, maglina aderente, mezzi guanti, occhi e labbra truccate che passa davanti a suo padre, seduto sul divano, lattina di birra in mano che guarda la partita, puro monumento vivente alla virilità, e gli dice "ciao babbo io esco". No, via, secondo me si cambiano dopo..non è possibile.
Vi prego datemi una risposta o questi dubbi mi tormenteranno in eterno!!
Cioè, non so se fosse di nicchia o meno, bisognerebbe chiedere a lui, visto che lui è il vero esperto in materia.
Se un concerto aggratisse in un bel posto ma semideserto alla presenza quasi esclusiva di esperti in materia può essere ritenuto di nicchia, allora consideriamolo pure tale. In caso contrario, vorrà dire che mi son trovata alla data sfigata di un tour di un gruppo di massa.
Ora, visto che voglio esimermi, una volta tanto, dal fare pubblicità aggratisse (da qui in avanti cari miei voglio essere pagata) non dirò nè il luogo nè il nome del gruppo (non sia mai che offenda dei fans sfegatati che poi se la rifanno con me). Specificherò solo che si trattava di un concerto all'aperto, su un palco bello grandicello, di una band che faceva musica elettronica simil-anni 80.
La loro musica non mi ha emozionato (niente di nuovo sul fronte occidentale) il luogo forse non era il più adatto per un concerto del genere e il poco pubblico non ha certo giovato alla situazione in generale.
Ciononostante, come spesso accade in situazioni come quella di "stasi del divertimento", ovvero quando quel che mi viene proposto non mi fa divertire particolarmente, per svagarmi e trovare un diversivo adoro guardarmi intorno e studiare la gente.
In particolare quella di ieri sera, composta in buona parte da darkettoni, mi ha portato a uno studio più attento di questa strana specie.
Come quasi tutti sapranno, i dark sono solitamente un gruppo chiuso, una casta, un clan. La regola numero uno dice che non puoi scambiare più di 4 parole occasionali con un dark o, al limite, qualche insulto se a) non sei un dark anche tu e non lo dai a vedere b) non sei presentato al gruppo da un altro dark che riveste un ruolo particolarmente autoritario all'interno della tribù dark c) non hai salvato la vita a un altro dark.
In assenza dei suddetti presupposti sei destinato semplicemente a venire ignorato.
La chiusura dei dark si dimostra anche nel loro modo particolare di disporsi per ballare nei locali: in cerchi strettissimi intorno alle loro borse e giacche gettate al centro manco fossero un rogo sacro. (i dark temono gli influssi negativi degli attaccapanni sui loro effetti personali?)
Se fino a una ventina d'anni fa il dark era, oserei dire, più riservato e essenziale, una specie di filosofo triste, un pierrottone degli anni 80, negli ultimi tempi si è assistito a un massiccio rintamarrimento e incyberpunkamento del dark. Ai discreti pantaloni e giacche nere si sono sostituite gonnellone (per uomo) incatenacciate, un trucco (per uomo) sempre più pesante, misto a magliettine (per uomo) aderentissime e capaci di dare quell'immancabile tocco efebico. Inutile a dirsi, i dark più mascolini sono le donne, solitamente taglie forti, più forti dell'uomo che le accompagna e meno truccate di lui.
Interessante è anche vedere il loro modo particolare di ballare: mentre la parte superiore del loro corpo si dimena lentamente tipo serpente a destra e a manca, coi piedi fanno un movimento strano, come se cercassero di uscire da un terreno paludoso che li sta risucchiando. Per capire il motivo di tale pesantezza del passo non c'è che da guardare che razza di scarpe hanno ai piedi: anfibioni spaziali, rigorosamente neri (che ve lo dico a fà?) con zeppone imbarazzanti tutti pieni di catene e borchie pesanti un quintale con le quali già è difficile camminare, figurarsi ballare!!
Comunque, nonostante molti dei miei dubbi sui dark grazie all'esperienza e anche grazie alla mia riflessione di ieri sera siano stati chiariti, ho ancora molte questioni irrisolte nella mia mente al riguardo:
1) Cosa ne pensano i dark di quelli che non si vestono di nero? Se qualcuno va in un loro locale vestito di bianco, rischia di essere pestato? (no, giusto per sapere se una sera in cui non sono vestita di nero mi ci volessi intrufolare anche io)
2) Ma i dark più piccolini, quelli che vivono ancora coi genitori, escono di casa già vestiti in quel modo? Cioè, io penso a un RAGAZZO sui diciassette abbigliato con gonna lunga, scarpe con la zeppa, maglina aderente, mezzi guanti, occhi e labbra truccate che passa davanti a suo padre, seduto sul divano, lattina di birra in mano che guarda la partita, puro monumento vivente alla virilità, e gli dice "ciao babbo io esco". No, via, secondo me si cambiano dopo..non è possibile.
Vi prego datemi una risposta o questi dubbi mi tormenteranno in eterno!!
mercoledì 28 maggio 2008
Facendosi due conti in tasca
E' buffo notare come i principali argomenti di conversazione più diffusi varino a seconda della fascia d'età alla quale si appartiene.
Tralasciando l'infanzia, quando gli argomenti ruotano per lo più intorno ai giocattoli o cose così (io c'ho la Barbie nuova / e te noo/ poppopperoo/), se fra i ragazzi delle superiori gli argomenti possono essere per lo più legati al sesso opposto e alla scuola, fra la gente della mia età uscita dall'università ahimè si sente un solo unico grido di dolore: il lavorooo!!
Non mi sono neanche laureata da un mese che già c'ho sto stress nell'anima.
Per la verità l'università ci prepara a tante cose, ma non ci prepara assolutamente al grande salto nel vuoto che ci attende il giorno dopo aver ricevuto il titolo tanto sudato.
E così da un giorno all'altro ti ritrovi laureato e disoccupato, alla ricerca di un posto di lavoro in un mondo ormai saturo, troppo grande essere ancora mantenuto dai genitori e troppo orgoglioso, talvolta, per i soliti lavoretti cameriere/babysitter/call centerista.
Mi guardo in giro e vedo che un sacco di gente ha il mio stesso problema e tutti cercano di ovviare come possono: ci sono quelli che puntano sulle specializzazioni "universitarie ufficiali": master, Ssis, dottorati e chi più ne ha più ne metta, quelli che provano la strada di una formazione più specifica e non meno costosa: corsi di formazione, corsi di lingue, corsi di programmi del computer più disparati, dalla grafica 3d a come scaricare file da emule e farla franca.
Ci sono le facce da concorso, quelli che tentano di entrare in un qualsiasi posto pubblico, gli stessi che girano da anni studiando quegli appositi libretti di leggi etc., che magari hanno saltuariamente lavorato in qualche comune e che adesso vorrebbero finalmente avere una scrivania che sia loro anche il giorno dopo.
Infine i depressi, gli eterni indecisi, i rassegnati che continuano imperterriti a lavorare al nero come camerieri che tanto guadagnano meglio così che in altri modi, quelli che ogni mattina fotocopiano le offerte di lavoro dei quotidiani, quelli che passano tutti i giorni dal centro dell'impiego, i mitragliatori di curriculum (o curricula, nella sua forma latina corretta), gli iscritti a tutti i siti possibili e immaginabili di trovalavoro.
E io, dove mi colloco? A novembre questa (inutile?) sfacchinata del servizio civile si sarà conclusa e novembre per un precario fa presto venire. Sono stanca di lavorare come un dipendente per un rimborso spese, anche se quei pochi soldi mi fanno comodo eccome.
Ma, mi domando oggi, è giusto? E' giusto dover accettare compromessi da 430 euro, perchè di compromessi si parla, lavorare come chi guadagna 3 volte tanto pur di avere una nota sul curriculum, pur di potersi permettere per lo meno di pagarsi una pizza la sera con gli amici con soldi propri a 30 anni?
Lo so che le cose che sto dicendo sono forse cose banali, sarà il testo unico degli enti locali che sto studiando per il prossimo concorso che mi mette malinconia, sarà il realizzare che da novembre probabilmente rimpiangerò anche le 430 euro sudate, sarà il fatto che il mio solo desiderio sarebbe avere una mia collocazione in questo strano mondo, potermi almeno permettere una utilitaria usata anche bruttina ma che sia TUTTA MIA, e vedere invece che oggi come oggi è assai se posso permettermi una ruota di scorta di una panda dell'87...
Ma adesso basta con le lamentele. Giusto o non giusto, mi sono resa conto di una cosa: alla fine posso essere felice anche facendo la cameriera.
Tralasciando l'infanzia, quando gli argomenti ruotano per lo più intorno ai giocattoli o cose così (io c'ho la Barbie nuova / e te noo/ poppopperoo/), se fra i ragazzi delle superiori gli argomenti possono essere per lo più legati al sesso opposto e alla scuola, fra la gente della mia età uscita dall'università ahimè si sente un solo unico grido di dolore: il lavorooo!!
Non mi sono neanche laureata da un mese che già c'ho sto stress nell'anima.
Per la verità l'università ci prepara a tante cose, ma non ci prepara assolutamente al grande salto nel vuoto che ci attende il giorno dopo aver ricevuto il titolo tanto sudato.
E così da un giorno all'altro ti ritrovi laureato e disoccupato, alla ricerca di un posto di lavoro in un mondo ormai saturo, troppo grande essere ancora mantenuto dai genitori e troppo orgoglioso, talvolta, per i soliti lavoretti cameriere/babysitter/call centerista.
Mi guardo in giro e vedo che un sacco di gente ha il mio stesso problema e tutti cercano di ovviare come possono: ci sono quelli che puntano sulle specializzazioni "universitarie ufficiali": master, Ssis, dottorati e chi più ne ha più ne metta, quelli che provano la strada di una formazione più specifica e non meno costosa: corsi di formazione, corsi di lingue, corsi di programmi del computer più disparati, dalla grafica 3d a come scaricare file da emule e farla franca.
Ci sono le facce da concorso, quelli che tentano di entrare in un qualsiasi posto pubblico, gli stessi che girano da anni studiando quegli appositi libretti di leggi etc., che magari hanno saltuariamente lavorato in qualche comune e che adesso vorrebbero finalmente avere una scrivania che sia loro anche il giorno dopo.
Infine i depressi, gli eterni indecisi, i rassegnati che continuano imperterriti a lavorare al nero come camerieri che tanto guadagnano meglio così che in altri modi, quelli che ogni mattina fotocopiano le offerte di lavoro dei quotidiani, quelli che passano tutti i giorni dal centro dell'impiego, i mitragliatori di curriculum (o curricula, nella sua forma latina corretta), gli iscritti a tutti i siti possibili e immaginabili di trovalavoro.
E io, dove mi colloco? A novembre questa (inutile?) sfacchinata del servizio civile si sarà conclusa e novembre per un precario fa presto venire. Sono stanca di lavorare come un dipendente per un rimborso spese, anche se quei pochi soldi mi fanno comodo eccome.
Ma, mi domando oggi, è giusto? E' giusto dover accettare compromessi da 430 euro, perchè di compromessi si parla, lavorare come chi guadagna 3 volte tanto pur di avere una nota sul curriculum, pur di potersi permettere per lo meno di pagarsi una pizza la sera con gli amici con soldi propri a 30 anni?
Lo so che le cose che sto dicendo sono forse cose banali, sarà il testo unico degli enti locali che sto studiando per il prossimo concorso che mi mette malinconia, sarà il realizzare che da novembre probabilmente rimpiangerò anche le 430 euro sudate, sarà il fatto che il mio solo desiderio sarebbe avere una mia collocazione in questo strano mondo, potermi almeno permettere una utilitaria usata anche bruttina ma che sia TUTTA MIA, e vedere invece che oggi come oggi è assai se posso permettermi una ruota di scorta di una panda dell'87...
Ma adesso basta con le lamentele. Giusto o non giusto, mi sono resa conto di una cosa: alla fine posso essere felice anche facendo la cameriera.
martedì 20 maggio 2008
Senza titolo
Da un mio vecchio scritto, letto con gli occhi di oggi.
Quando cadi, in quel momento esatto, non pensi a niente.
Rumori, odori, pensieri si amalgamano in un unico blob multicolore che si deforma, si contorce fino a scoppiare senza rumore come una gigantesca bolla di sapone.
E poi se lì. La terra è molle, si apre e ti fa sprofondare, ti accoglie dentro di sè, nel suo ventre più profondo, ti ingloba e tu sei sotto di lei. Sotto di lei, dentro di lei. Allora arriva il dolore, quello di mille ossa frantumate e dello stomaco che urla e tu il dolore non lo vuoi, l'hai sempre fuggito, tuttavia ora è arrivato e tutto insieme.
Lo metti a tacere come meglio credi. Le sigarette una via l'altra ti sembrano l'unico filo capace di tenerti aggrappata ancora alla speranza, come se le loro spire che salgono verso l'alto si potessero invece avvolgere a formare lettere, pensieri, le parole magiche da sussurrare per annullare l'incantesimo e far cessare il dolore.
Ogni sigaretta che passa è però sempre troppo poca, il suo effetto sempre troppo blando. Sai che anche fumandone mille questo dato di fatto non cambierà, tuttavia ti attacchi alla vacua speranza che fra il tabacco si annidi un calmante.
Ripercorri le strade che percorrevi da bambina cercando invano di rientrare nell'utero materno, nella casa che ti sembrava grande e sicura ma ti accorgi che le finestre non sono sprangate e che, per quante mandate tu possa dare al portone, non c'è serratura che possa tenere il dolore lontano da te, perchè passa da ogni minimo spiffero, si insinua sotto la porta fino alle tue narici.
Progetti partenze, ritorni, città sconosciute nei cui vicoli perdersi, case con nuovi nomi sui campanelli, boschi senza sentieri. Ma in fondo al cuore sai che è inutile, perchè il dolore ti troverà anche lì.
Il dolore ti segue e non ti mollerà finchè non lo guarderai negli occhi. Solo allora capirai che per tutto questo tempo è stato lui e lui soltanto a tenerti lucido quando la terra ti voleva ingoiare, a ricordarti che non eri parte del fango che ti sommergeva ma che eri qualcosa di diverso. Il dolore...la tua unica salvezza.
Con un sorriso oggi guardo a ritroso e mi accorgo che ciò che un tempo fuggivo mi stava alle costole solo per aiutarmi ad uscire dal fango. Mi ricordava ogni volta che non dovevo mollare, non dovevo distrarmi, non dovevo distogliere gli occhi dall'obiettivo. E alla fine, se oggi sono felice, è proprio perchè un giorno mi sono decisa a guardare in faccia il dolore. I suoi occhi erano dolci
Quando cadi, in quel momento esatto, non pensi a niente.
Rumori, odori, pensieri si amalgamano in un unico blob multicolore che si deforma, si contorce fino a scoppiare senza rumore come una gigantesca bolla di sapone.
E poi se lì. La terra è molle, si apre e ti fa sprofondare, ti accoglie dentro di sè, nel suo ventre più profondo, ti ingloba e tu sei sotto di lei. Sotto di lei, dentro di lei. Allora arriva il dolore, quello di mille ossa frantumate e dello stomaco che urla e tu il dolore non lo vuoi, l'hai sempre fuggito, tuttavia ora è arrivato e tutto insieme.
Lo metti a tacere come meglio credi. Le sigarette una via l'altra ti sembrano l'unico filo capace di tenerti aggrappata ancora alla speranza, come se le loro spire che salgono verso l'alto si potessero invece avvolgere a formare lettere, pensieri, le parole magiche da sussurrare per annullare l'incantesimo e far cessare il dolore.
Ogni sigaretta che passa è però sempre troppo poca, il suo effetto sempre troppo blando. Sai che anche fumandone mille questo dato di fatto non cambierà, tuttavia ti attacchi alla vacua speranza che fra il tabacco si annidi un calmante.
Ripercorri le strade che percorrevi da bambina cercando invano di rientrare nell'utero materno, nella casa che ti sembrava grande e sicura ma ti accorgi che le finestre non sono sprangate e che, per quante mandate tu possa dare al portone, non c'è serratura che possa tenere il dolore lontano da te, perchè passa da ogni minimo spiffero, si insinua sotto la porta fino alle tue narici.
Progetti partenze, ritorni, città sconosciute nei cui vicoli perdersi, case con nuovi nomi sui campanelli, boschi senza sentieri. Ma in fondo al cuore sai che è inutile, perchè il dolore ti troverà anche lì.
Il dolore ti segue e non ti mollerà finchè non lo guarderai negli occhi. Solo allora capirai che per tutto questo tempo è stato lui e lui soltanto a tenerti lucido quando la terra ti voleva ingoiare, a ricordarti che non eri parte del fango che ti sommergeva ma che eri qualcosa di diverso. Il dolore...la tua unica salvezza.
Con un sorriso oggi guardo a ritroso e mi accorgo che ciò che un tempo fuggivo mi stava alle costole solo per aiutarmi ad uscire dal fango. Mi ricordava ogni volta che non dovevo mollare, non dovevo distrarmi, non dovevo distogliere gli occhi dall'obiettivo. E alla fine, se oggi sono felice, è proprio perchè un giorno mi sono decisa a guardare in faccia il dolore. I suoi occhi erano dolci
domenica 18 maggio 2008
My two cents
(il titolo del presente blog vuole citare la rubrica tenuta dal giornalista dei Simpson Kent Brockman nella quale il suddetto esprime le proprie opinioni)
Vorrei evitare di rendere il presente blog un luogo di polemiche politiche e di facili discorsi buonisti. Lo scopo col quale era nato era fondamentalmente quello di creare un momento di svago e di scherzo, insomma, di dare un piccolo spazio nella rete alle mie cazzate. Tuttavia a volte occorre fare un'eccezione alla regola.
Come ho scherzosamente accennato qualche post fa, mi sono accorta della vittoria di Berlusconi solo dopo che mi sono laureata, e questo praticamente è vero.
Come sto a poco a poco realizzando che l'epoca dei miei studi è finita, così a poco a poco il mondo che mi circonda mi mette davanti alla dura realtà e cioè che in maniera abbastanza veloce l'Italia, il paese della pizza, della vespa e del mandolino ha preso una piega che non mi garba per nulla.
In particolare mi riferisco a questa cazzo di politica del terrore nei confronti degli extracomunitari. I tg non parlano d'altro, solo di extracomunitari: i rom hanno fatto questo a Roma, i rumeni quest'altro a Milano...ma poco o nulla si parla di fatti ben più importanti e concreti.
Solo due giorni fa mi sono imbattuta per caso in un giornale di quelli stupidi che, per quanto mi riguarda, leggo solo se mi trovo in posti come il dottore o l'estetista, tanto mi farebbe specie comprarli. I classici giornali da donnicciola in crisi premestruale, per intendersi, quelli con la dieta a base di sedani e dell'analisi minuziosa dell'ultimo vestito di Angelina Jolie.
Intervistavano le donne (in crisi premestruale) chiedendo loro cosa temessero di più fra una serie di opzioni. Ovviamente riportavano solo le interviste di quelle donne (in crisi premestruale) che avevano paura degli extracomunitari e di venire stuprate da questi.
Continuo ieri pomeriggio con un servizio che non son riuscita a finire di vedere tanto ero nauseata. Era su una delle reti della rai, non ricordo quale. Intervistavano la gente di non so che paesino sfigato che si era ribellata all'idea di vedere una moschea fra le proprie mura e mandavano in onda dei discorsi, ma dei discorsi da far accapponare la pelle del tipo "Ci vogliono anche imporre la loro religione". LORO ci vogliono imporre la propria religione? Costruendosi, magari in un garage, un luogo in cui pregare? Guardate, avete sbagliato uscio (come diceva la mì nonna) son i testimoni di Geova a andare di casa in casa a fare proselitismo, mica i musulmani. Anzi, loro quando pregano stanno proprio per conto suo!
Tanto per dirne una volevo ricordare che i cattolicissimi europei sono andati fino al nuovo mondo a rompere i coglioni agli indios (che stavano tanto bene e si facevano i cazzi propri) per convertirli.
Ma poi una moschea non è un luogo dove fare proselitismo, semmai è un luogo dove le persone di fede islamica possono pregare e ritrovarsi. Allora, cari cittadini di Sountubodove, se vi dà anche noia che la gente preghi siete messi benino...
La cosa che mi fa più specie però è come sempre la manipolazione delle notizie. Sia ne caso del giornale da donnicciole (in fase premestruale) sia in quello del servizio sulla rai si erano (ovviamente) fatte parlare solo le persone, per lo più di scarsa levatura culturale (lo si sentiva chiaramente nel servizio dagli orrori grammaticali!) che erano totalmente contrari alla presenza di extracomunitari in Italia.
Mentre girano queste notizie penso agli ultimi anni di vita dei miei nonni, assistiti con pazienza dalla presenza della badante dell'Est che si beccava le bastonate di mia nonna, ormai fuori di testa, in silenzio, che, pur non essendo consanguinea, la lavava, la puliva, la vestiva e la trattava con sincero affetto.
Penso a quel cassonetto, lungo la strada che percorro ogni giorno per andare a lavoro, davanti al quale sta un mazzo di rose finte ormai impolverate a ricordare quella ragazza di circa la mia età, anche lei dell'est, uccisa e gettata lì dentro dalla crudeltà di un rispettabilissimo toscano...Penso al telegiornale che ha dedicato all'evento un solo piccolo trafiletto e a quanto inchiostro e pellicola vengono invece utilizzati ogni giorno per descrivere nei minimi dettagli gli altri omicidi, quando a uccidere è lo straniero e a morire è l'italiano.
Vorrei evitare di rendere il presente blog un luogo di polemiche politiche e di facili discorsi buonisti. Lo scopo col quale era nato era fondamentalmente quello di creare un momento di svago e di scherzo, insomma, di dare un piccolo spazio nella rete alle mie cazzate. Tuttavia a volte occorre fare un'eccezione alla regola.
Come ho scherzosamente accennato qualche post fa, mi sono accorta della vittoria di Berlusconi solo dopo che mi sono laureata, e questo praticamente è vero.
Come sto a poco a poco realizzando che l'epoca dei miei studi è finita, così a poco a poco il mondo che mi circonda mi mette davanti alla dura realtà e cioè che in maniera abbastanza veloce l'Italia, il paese della pizza, della vespa e del mandolino ha preso una piega che non mi garba per nulla.
In particolare mi riferisco a questa cazzo di politica del terrore nei confronti degli extracomunitari. I tg non parlano d'altro, solo di extracomunitari: i rom hanno fatto questo a Roma, i rumeni quest'altro a Milano...ma poco o nulla si parla di fatti ben più importanti e concreti.
Solo due giorni fa mi sono imbattuta per caso in un giornale di quelli stupidi che, per quanto mi riguarda, leggo solo se mi trovo in posti come il dottore o l'estetista, tanto mi farebbe specie comprarli. I classici giornali da donnicciola in crisi premestruale, per intendersi, quelli con la dieta a base di sedani e dell'analisi minuziosa dell'ultimo vestito di Angelina Jolie.
Intervistavano le donne (in crisi premestruale) chiedendo loro cosa temessero di più fra una serie di opzioni. Ovviamente riportavano solo le interviste di quelle donne (in crisi premestruale) che avevano paura degli extracomunitari e di venire stuprate da questi.
Continuo ieri pomeriggio con un servizio che non son riuscita a finire di vedere tanto ero nauseata. Era su una delle reti della rai, non ricordo quale. Intervistavano la gente di non so che paesino sfigato che si era ribellata all'idea di vedere una moschea fra le proprie mura e mandavano in onda dei discorsi, ma dei discorsi da far accapponare la pelle del tipo "Ci vogliono anche imporre la loro religione". LORO ci vogliono imporre la propria religione? Costruendosi, magari in un garage, un luogo in cui pregare? Guardate, avete sbagliato uscio (come diceva la mì nonna) son i testimoni di Geova a andare di casa in casa a fare proselitismo, mica i musulmani. Anzi, loro quando pregano stanno proprio per conto suo!
Tanto per dirne una volevo ricordare che i cattolicissimi europei sono andati fino al nuovo mondo a rompere i coglioni agli indios (che stavano tanto bene e si facevano i cazzi propri) per convertirli.
Ma poi una moschea non è un luogo dove fare proselitismo, semmai è un luogo dove le persone di fede islamica possono pregare e ritrovarsi. Allora, cari cittadini di Sountubodove, se vi dà anche noia che la gente preghi siete messi benino...
La cosa che mi fa più specie però è come sempre la manipolazione delle notizie. Sia ne caso del giornale da donnicciole (in fase premestruale) sia in quello del servizio sulla rai si erano (ovviamente) fatte parlare solo le persone, per lo più di scarsa levatura culturale (lo si sentiva chiaramente nel servizio dagli orrori grammaticali!) che erano totalmente contrari alla presenza di extracomunitari in Italia.
Mentre girano queste notizie penso agli ultimi anni di vita dei miei nonni, assistiti con pazienza dalla presenza della badante dell'Est che si beccava le bastonate di mia nonna, ormai fuori di testa, in silenzio, che, pur non essendo consanguinea, la lavava, la puliva, la vestiva e la trattava con sincero affetto.
Penso a quel cassonetto, lungo la strada che percorro ogni giorno per andare a lavoro, davanti al quale sta un mazzo di rose finte ormai impolverate a ricordare quella ragazza di circa la mia età, anche lei dell'est, uccisa e gettata lì dentro dalla crudeltà di un rispettabilissimo toscano...Penso al telegiornale che ha dedicato all'evento un solo piccolo trafiletto e a quanto inchiostro e pellicola vengono invece utilizzati ogni giorno per descrivere nei minimi dettagli gli altri omicidi, quando a uccidere è lo straniero e a morire è l'italiano.
giovedì 15 maggio 2008
Filosofia un tanto al kg
Lamarta e i testimoni di Geova (o di Genova, come diceva la mi' nonna)
Testimone di Geova: Permette una domanda? Non sarebbe bello vivere in eterno?
Lamarta: Il chee? Con quel che costa la benzina oggi son sgomenta a viaggià pertrent'anni, si figura se ne dovessi viaggià altri cinquecento? Piuttosto m'ammazzo
Riflessione sul tema: c'è qualcosa di più inopportuno di essere placcata dai testimoni di Geova appena rientrata da lavoro con una fame che s'abbaia?
Testimone di Geova: Permette una domanda? Non sarebbe bello vivere in eterno?
Lamarta: Il chee? Con quel che costa la benzina oggi son sgomenta a viaggià pertrent'anni, si figura se ne dovessi viaggià altri cinquecento? Piuttosto m'ammazzo
Riflessione sul tema: c'è qualcosa di più inopportuno di essere placcata dai testimoni di Geova appena rientrata da lavoro con una fame che s'abbaia?
giovedì 8 maggio 2008
Boicottiamo radio 101!!!
Nonostante lo scarsissimo tempo a disposizone voglio impegnare questa mezz'oretta di stasi(l'unica probabilmente di cui godrò in questi 4 giorni) per una giusta causa.
Non so quanto a voi possa fregare o quanti di voi già lo sappiano però ritengo giusto far girare la notizia.
Il 31 maggio rock fm, l'unica radio a cui io sia veramente affezionata, chiuderà i battenti per sempre, senza speranze di salvezza alcuna, per delle stronzissime strategie di marketing.
Ora, senza stare ad approfondire troppo, visto che notizie ben più esaurienti di quante non ne possa dare io si possono trovare su vari siti, a cominciare da wikipedia o dal sito http://www.rockfamily.it/ per non parlare poi di alcuni blog che dicono chiaro e tondo senza tanti giri di parole cosa sta succedendo (http://musicametal.blogosfere.it/2008/04/chiusura-di-rock-fm-il-sole-24-ore-analizza-le-cause.html) per passare alle svariate petizioni presenti su numerosissimi siti e forum volevo dire anche io la mia in parole molto spicciole.
Da quanto ho capito la radio chiude non perchè non riscuota successo (anzi, i dati dimostrano il contrario) ma piuttosto perchè la direzione, che possiede anche radio 101, attualmente in crisi, ha deciso di destinare le frequenze di rock fm a quest'ultima, nel tentativo di risollevarne le sorti.
Alla fine della fiera insomma si sacrifica una radio libera dal discreto successo, la sola la cui programmazione è interamente dedicata al rock, affinchè una delle tante radio pasturone come 101 possa essere più ascoltata.
Direi che anche questo fatto ribadisce lo schifo di epoca che stiamo vivendo, un periodo durante il quale non c'è più spazio per certe "minoranze" all'interno dei vari mezzi di comunicazione (leggasi radio, tv, giornali, editoria etc etc) interamente nelle mani di chi vuole omologare la società a tanti pecoroni (pecoroni sia perchè come un gregge devono seguire un unico pastore senza possibilità di fare diversamente, sia perchè, ormai si sa, siamo tutti messi a pecora).
Ma poi, dico io, cosa cazzo potrà mai offire di diverso radio 101 rispetto alle centinaia di altre radio commercialone che passano senza ritegno alcuno la Pausini, i Negramaro e miliardi di canzoni pop destinate a durare una stagione, intervallate dal vano cianciare di dj che dicono tutti le solite cose e da fastidiosissime pubblicità mentre gli amanti del rock, se vogliono sentirsi un po' di canzoni decenti, saranno per sempre costretti a far girare nei loro sterei sempre gli stessi, consunti cd?
Esistono radio dedicate interamente alla politica, radio dedicate alla musica classica, alla musica da balera e a tutto quel che vi pare che resistono coriaceamente. Perchè invece il rock deve essere imbavagliato? Perchè un numero maggiore di gente possa ascoltare radio 101, che propone un palinsesto in tutto e per tutto simile a quello delle altre sue sorelle più "ricche e famose"come radio 105 o radio deejay?
I cattoliconi hanno radio mater, radio maria e radio vaticano che si sentono anche dai tubi delo scaldabagno. Noi avevamo solo rock fm e ce l'hanno tolta.
Mentre scrivo queste parole provo una sensazione di rabbia e indignazione verso tutti quelli che permettono che accadano cose del genere e, allo stesso tempo, mi rendo conto di quanto siamo davvero messi a pecora!!
Non so quanto a voi possa fregare o quanti di voi già lo sappiano però ritengo giusto far girare la notizia.
Il 31 maggio rock fm, l'unica radio a cui io sia veramente affezionata, chiuderà i battenti per sempre, senza speranze di salvezza alcuna, per delle stronzissime strategie di marketing.
Ora, senza stare ad approfondire troppo, visto che notizie ben più esaurienti di quante non ne possa dare io si possono trovare su vari siti, a cominciare da wikipedia o dal sito http://www.rockfamily.it/ per non parlare poi di alcuni blog che dicono chiaro e tondo senza tanti giri di parole cosa sta succedendo (http://musicametal.blogosfere.it/2008/04/chiusura-di-rock-fm-il-sole-24-ore-analizza-le-cause.html) per passare alle svariate petizioni presenti su numerosissimi siti e forum volevo dire anche io la mia in parole molto spicciole.
Da quanto ho capito la radio chiude non perchè non riscuota successo (anzi, i dati dimostrano il contrario) ma piuttosto perchè la direzione, che possiede anche radio 101, attualmente in crisi, ha deciso di destinare le frequenze di rock fm a quest'ultima, nel tentativo di risollevarne le sorti.
Alla fine della fiera insomma si sacrifica una radio libera dal discreto successo, la sola la cui programmazione è interamente dedicata al rock, affinchè una delle tante radio pasturone come 101 possa essere più ascoltata.
Direi che anche questo fatto ribadisce lo schifo di epoca che stiamo vivendo, un periodo durante il quale non c'è più spazio per certe "minoranze" all'interno dei vari mezzi di comunicazione (leggasi radio, tv, giornali, editoria etc etc) interamente nelle mani di chi vuole omologare la società a tanti pecoroni (pecoroni sia perchè come un gregge devono seguire un unico pastore senza possibilità di fare diversamente, sia perchè, ormai si sa, siamo tutti messi a pecora).
Ma poi, dico io, cosa cazzo potrà mai offire di diverso radio 101 rispetto alle centinaia di altre radio commercialone che passano senza ritegno alcuno la Pausini, i Negramaro e miliardi di canzoni pop destinate a durare una stagione, intervallate dal vano cianciare di dj che dicono tutti le solite cose e da fastidiosissime pubblicità mentre gli amanti del rock, se vogliono sentirsi un po' di canzoni decenti, saranno per sempre costretti a far girare nei loro sterei sempre gli stessi, consunti cd?
Esistono radio dedicate interamente alla politica, radio dedicate alla musica classica, alla musica da balera e a tutto quel che vi pare che resistono coriaceamente. Perchè invece il rock deve essere imbavagliato? Perchè un numero maggiore di gente possa ascoltare radio 101, che propone un palinsesto in tutto e per tutto simile a quello delle altre sue sorelle più "ricche e famose"come radio 105 o radio deejay?
I cattoliconi hanno radio mater, radio maria e radio vaticano che si sentono anche dai tubi delo scaldabagno. Noi avevamo solo rock fm e ce l'hanno tolta.
Mentre scrivo queste parole provo una sensazione di rabbia e indignazione verso tutti quelli che permettono che accadano cose del genere e, allo stesso tempo, mi rendo conto di quanto siamo davvero messi a pecora!!
lunedì 5 maggio 2008
Rieccoci in pista
Eccomi qua, di ritorno da un viaggio fuori dal tempo.
Dopo la laurea poco a poco mi sono svegliata, realizzando che è come essere stata in coma un mese circa.
La cosa peggiore è stato realizzare per la prima volta che ha DAVVERO vinto Berlusconi, cazzo!! Da quanto ero presa dalla tesi mica me ne ero accorta.
Dopo il frastuono chiassoso dei primi festeggiamenti è sopraggiunta la stanchezza, accanto a un immenso senso di vuoto, quasi la nostalgia che si ha quando si torna il giorno dopo a pulire dove si è fatto una festa. Sembra ancora di sentire voci che gioiscono nel silenzio della stanza vuota.
Il giorno dopo la laurea i miei sono partiti per la Sardegna e io sono rimasta sola con Arturo.
Salire nello studio da sola mi ha fatto un certo effetto: i due computer(ancora da formattare) zeppi di materiali relativi alla tesi. Cosa togliere? cosa mettere su dischetto? Mettere mano ai pacchi di fotocopie, materiale bibliografico messo insieme in due anni di scrupolosa ricerca, giorni e giorni in biblioteche polverose sperando di arrivare presto a mettere un punto a tutto questo.
Adesso il punto c'è e nemmeno me ne rendo ben conto, non riesco a pensare che forse non sentirò mai più l'odore della pergamena dei libri medievali, il fruscio di quelle carte antiche. Non essere più studentessa ma disoccupata. L'ansia di cercare la propria via, un percorso nuovo, nuovi sogni a cui aspirare. Il mondo tagliente e saturo del lavoro, dove a poco servirà un 110 e lode.
E intanto metto via una ad una le mie carte: 5 raccoglitori pieni.
E' ora di sgomberare anche l'armadio, quello riempito da tutti i libri studiati per gli esami dell'università, accanto agli appunti, lasciati lì per scaramanzia fino alla tesi perchè "non si sa mai, potrebbero servire".
Tutti quei quaderni mi hanno accompagnata a Pisa a seguire i corsi nelle mattine fredde, pieni della mia calligrafia contorta perchè spesso i banchi non c'erano e li tenevo sulle ginocchia.
Mentre chiudo tutto in una scatola diretta in soffitta un velo di nostalgia mi avvolge e il mio pensiero va a tutte le persone che mi hanno accompagnato in questa fase della mia vita: coloro che ci sono stati e che ora non ci sono più, quelli che avrebbero voluto esserci, quelli che se ne sono andati sbattendo la porta, quelli che c'erano solo all'inizio e quelli che ho conosciuto solo verso la fine. Quelli che ci sono sempre stati e non mi hanno mai abbandonata. Quelli che ci sono adesso e spero non mi abbandonino mai. Persone con le quali ho condiviso tutto e persone con le quali ho condiviso solo un sorriso.
Grazie a tutti coloro che, in un modo o nell'altro, hanno fatto in modo che questa parte della mia vita si concludesse al meglio.
Adesso si parte per una nuova destinazione.
Alla prossima!
Dopo la laurea poco a poco mi sono svegliata, realizzando che è come essere stata in coma un mese circa.
La cosa peggiore è stato realizzare per la prima volta che ha DAVVERO vinto Berlusconi, cazzo!! Da quanto ero presa dalla tesi mica me ne ero accorta.
Dopo il frastuono chiassoso dei primi festeggiamenti è sopraggiunta la stanchezza, accanto a un immenso senso di vuoto, quasi la nostalgia che si ha quando si torna il giorno dopo a pulire dove si è fatto una festa. Sembra ancora di sentire voci che gioiscono nel silenzio della stanza vuota.
Il giorno dopo la laurea i miei sono partiti per la Sardegna e io sono rimasta sola con Arturo.
Salire nello studio da sola mi ha fatto un certo effetto: i due computer(ancora da formattare) zeppi di materiali relativi alla tesi. Cosa togliere? cosa mettere su dischetto? Mettere mano ai pacchi di fotocopie, materiale bibliografico messo insieme in due anni di scrupolosa ricerca, giorni e giorni in biblioteche polverose sperando di arrivare presto a mettere un punto a tutto questo.
Adesso il punto c'è e nemmeno me ne rendo ben conto, non riesco a pensare che forse non sentirò mai più l'odore della pergamena dei libri medievali, il fruscio di quelle carte antiche. Non essere più studentessa ma disoccupata. L'ansia di cercare la propria via, un percorso nuovo, nuovi sogni a cui aspirare. Il mondo tagliente e saturo del lavoro, dove a poco servirà un 110 e lode.
E intanto metto via una ad una le mie carte: 5 raccoglitori pieni.
E' ora di sgomberare anche l'armadio, quello riempito da tutti i libri studiati per gli esami dell'università, accanto agli appunti, lasciati lì per scaramanzia fino alla tesi perchè "non si sa mai, potrebbero servire".
Tutti quei quaderni mi hanno accompagnata a Pisa a seguire i corsi nelle mattine fredde, pieni della mia calligrafia contorta perchè spesso i banchi non c'erano e li tenevo sulle ginocchia.
Mentre chiudo tutto in una scatola diretta in soffitta un velo di nostalgia mi avvolge e il mio pensiero va a tutte le persone che mi hanno accompagnato in questa fase della mia vita: coloro che ci sono stati e che ora non ci sono più, quelli che avrebbero voluto esserci, quelli che se ne sono andati sbattendo la porta, quelli che c'erano solo all'inizio e quelli che ho conosciuto solo verso la fine. Quelli che ci sono sempre stati e non mi hanno mai abbandonata. Quelli che ci sono adesso e spero non mi abbandonino mai. Persone con le quali ho condiviso tutto e persone con le quali ho condiviso solo un sorriso.
Grazie a tutti coloro che, in un modo o nell'altro, hanno fatto in modo che questa parte della mia vita si concludesse al meglio.
Adesso si parte per una nuova destinazione.
Alla prossima!
mercoledì 30 aprile 2008
lunedì 28 aprile 2008
Ora o mai più
Molti potranno giudicarmi stupida o esagerata, ma che ci devo fare, io sono così.
Credo sia normale provare questo stato di agitazione, di tensione e di apprensione nel giorno che precede la discussione della tesi.
La mia paura, la mia tensione però va al di là di questo.
Per molti la tesi è un momento come un altro. Non per me, che ho lottato tenacemente per anni per potermi laureare.
Fin da bambina sognavo di poter continuare gli studi col percorso universitario, e questo non per far precedere il mio cognome da un bel Dott. o per trovare un lavoro che mi permettesse di guadagnare tanti soldi (anche da piccola ero disincantata abbastanza da sapere che un dottore è uno stronzo come tutti gli altri e che la disoccupazione è un problema che affligge soprattutto i laureati) ma per il mio amore per gli studi, la mia fame di conoscenza.
Alla fine di questo percorso posso dire che sì, un po' di conoscenza l'ho ottenuta proprio grazie al percorso di studi universitario, ma la maggior parte delle cose che so le ho imparate fuori dai banchi del dipartimento.
Le ho imparate andando a Pisa, facendo la pendolare ogni giorno per diversi anni, aspettando il cambio a Lucca con un freddo gelido o con la pioggia e studiando sulle poltrone sporche del treno.
Le ho imparate rimanendo coriaceamente attaccata al vecchio ordinamento, quando tutti mi dicevano "passa al nuovo", dando tutti gli ultimi esami da non frequentante con professori di cui conoscevo a malapena il volto.
Le ho imparate preparando esami immensi con le compagne di sempre, la Sara, la Laura, la Bene, passando giornate con loro a ripetere, a bere caffè, a fumare sigarette e a fare schemi perchè ci entrassero le cose in testa e soprattutto a ridere.
Sempre con loro, correndo da una parte all'altra di Pisa su una 126 minuscola, ridendo come delle matte.
Ho imparato tanto in tutto questo tempo che ho dedicato alla mia tesi, aprendo manoscritti polverosi e sfogliando le pagine che odorano di giacca di pelle, scrivendo pagine e pagine davanti a questo stesso computer, andando a ricevimento dal prof tutti i giovedì, attendendo per ore in piedi nel corridoio strettissimo e privo di sedie.
Domani tutto questo finirà e ho tanta paura. Non ho paura di fare una figura di merda davanti alla commissione, questo l'ho già messo in conto. Ho paura di quello che verrà dopo. Quando mi chiederanno che lavoro fai e non potrò più usare come alibi della mia disoccupazione la parola "studente".
Quando non avrò più un piano di studi da seguire ma sarò libera, un altro laureato immesso in un mondo del lavoro già saturo.
Quando studiare significherà preparare concorsi per entrare per qualche mese in un qualche ente statale, pur sapendo che, con molta probabilità, quei 3 posti disponibili sono già stati assegnati.
Da domani non ho più scuse.
Mi sento come un animale nato e cresciuto in cattività che improvvisamente viene liberato in una giungla.
Questa sono io, Marta, a poche ore dalla discussione della tesi.
Credo sia normale provare questo stato di agitazione, di tensione e di apprensione nel giorno che precede la discussione della tesi.
La mia paura, la mia tensione però va al di là di questo.
Per molti la tesi è un momento come un altro. Non per me, che ho lottato tenacemente per anni per potermi laureare.
Fin da bambina sognavo di poter continuare gli studi col percorso universitario, e questo non per far precedere il mio cognome da un bel Dott. o per trovare un lavoro che mi permettesse di guadagnare tanti soldi (anche da piccola ero disincantata abbastanza da sapere che un dottore è uno stronzo come tutti gli altri e che la disoccupazione è un problema che affligge soprattutto i laureati) ma per il mio amore per gli studi, la mia fame di conoscenza.
Alla fine di questo percorso posso dire che sì, un po' di conoscenza l'ho ottenuta proprio grazie al percorso di studi universitario, ma la maggior parte delle cose che so le ho imparate fuori dai banchi del dipartimento.
Le ho imparate andando a Pisa, facendo la pendolare ogni giorno per diversi anni, aspettando il cambio a Lucca con un freddo gelido o con la pioggia e studiando sulle poltrone sporche del treno.
Le ho imparate rimanendo coriaceamente attaccata al vecchio ordinamento, quando tutti mi dicevano "passa al nuovo", dando tutti gli ultimi esami da non frequentante con professori di cui conoscevo a malapena il volto.
Le ho imparate preparando esami immensi con le compagne di sempre, la Sara, la Laura, la Bene, passando giornate con loro a ripetere, a bere caffè, a fumare sigarette e a fare schemi perchè ci entrassero le cose in testa e soprattutto a ridere.
Sempre con loro, correndo da una parte all'altra di Pisa su una 126 minuscola, ridendo come delle matte.
Ho imparato tanto in tutto questo tempo che ho dedicato alla mia tesi, aprendo manoscritti polverosi e sfogliando le pagine che odorano di giacca di pelle, scrivendo pagine e pagine davanti a questo stesso computer, andando a ricevimento dal prof tutti i giovedì, attendendo per ore in piedi nel corridoio strettissimo e privo di sedie.
Domani tutto questo finirà e ho tanta paura. Non ho paura di fare una figura di merda davanti alla commissione, questo l'ho già messo in conto. Ho paura di quello che verrà dopo. Quando mi chiederanno che lavoro fai e non potrò più usare come alibi della mia disoccupazione la parola "studente".
Quando non avrò più un piano di studi da seguire ma sarò libera, un altro laureato immesso in un mondo del lavoro già saturo.
Quando studiare significherà preparare concorsi per entrare per qualche mese in un qualche ente statale, pur sapendo che, con molta probabilità, quei 3 posti disponibili sono già stati assegnati.
Da domani non ho più scuse.
Mi sento come un animale nato e cresciuto in cattività che improvvisamente viene liberato in una giungla.
Questa sono io, Marta, a poche ore dalla discussione della tesi.
mercoledì 16 aprile 2008
Non vi fa sfavare quando...
Non vi fa sfavare quando, dopo una mattinata di lavoro snervante, durante la quale vi sono toccati solo compiti strapallosi e strarognosi, salite in macchina, con una fame veramente da lupi, non vedendo l'ora di tornare a casa, e vi rendete conto che la vostra cara Lancia y vi ha fottuto la seconda centralina nel giro di un anno, lasciandovi a piedi?
Ah, dimenticavo di dire che lavorate a circa (forse qualcosina di più) 20 km da casa e che non c'è nessuno che vi possa riaccompagnare, che il clima pazzerello ha deciso di fare un'escursione termica pazzesca e che dai 10 gradi circa di stamani col sole del pomeriggio si è passati a circa 25 e che state sudando come pazzi vestiti con tanto di maglia a collo alto.
Grazie a un provvidenziale bus arrivate a casa con "soltanto" un'ora di ritardo...e se prima eravate "solamente" affamati come lupi adesso è tutta un'altra storia...
E dopo aver mangiato roast-beef avanzato che vostra madre vi ha lasciato in cucina alle 3 e mezza del pomeriggio, con un mal di testa crescente finalmente vi accingete a dedicarvi a quello che più vi preme: studiare la tesi che fra 10 giorni vi laureate.
Vi è mai successo, eh, vi è mai successo?
Ah, dimenticavo di dire che lavorate a circa (forse qualcosina di più) 20 km da casa e che non c'è nessuno che vi possa riaccompagnare, che il clima pazzerello ha deciso di fare un'escursione termica pazzesca e che dai 10 gradi circa di stamani col sole del pomeriggio si è passati a circa 25 e che state sudando come pazzi vestiti con tanto di maglia a collo alto.
Grazie a un provvidenziale bus arrivate a casa con "soltanto" un'ora di ritardo...e se prima eravate "solamente" affamati come lupi adesso è tutta un'altra storia...
E dopo aver mangiato roast-beef avanzato che vostra madre vi ha lasciato in cucina alle 3 e mezza del pomeriggio, con un mal di testa crescente finalmente vi accingete a dedicarvi a quello che più vi preme: studiare la tesi che fra 10 giorni vi laureate.
Vi è mai successo, eh, vi è mai successo?
giovedì 27 marzo 2008
Per chi se lo fosse chiesto
Per chi, dei miei pochi ma buoni assiui lettori, si fosse chiesto che fine avessi fatto e come mai ultimamente sono stata così sfuggente in questo blog la risposta è presto detta: dovevo finire di partorire la tesi.
La buona notizia è che da stamani alle 9 la mia tesi è ufficialmente a rilegare, quindi ormai quello che c'è scritto c'è scritto (anche se temo le sue pagine siano l'impero dei refusi). Dovrebbero esserci a seguire la consegna in segreteria, la consegna al prof e infine la discussione (che spero sia a breve).
Che dire, mi sento un po' "inutile" abituata com'ero a dover sempre pensare alle correzioni, al contenuto, al reperire i materiali, insomma, a tutta questa aonia durata quasi due anni (non perché io sia ritardata ma perchè è stato veramente un lavorone). Sì, ora me la devo studiare per la discussione...però mi sento che il più sia fatto...e, è buffo a dirsi, ma credo mi mancherà tutto questo. Come impiegherò le mie giornate? Come si può vivere senza l'angoscia della tesi? Senza pensare di dove andare in biblioteca? Senza tutte quelle fotocopie sparse per tutta la stanza?
Ho sempre 6 mesi buoni di servizio civile (ahimè) e dovrò recuperare tutti quei giorni di servizio(tantissimi a dire la verità) persi a causa della tesi.
Forse questo contribuirà in parte a tenermi la mente impegnata.
Questo per il momento è tutto.
Per i prossimi aggionamenti al riguardo restate sintonizzati su questa rete.
La buona notizia è che da stamani alle 9 la mia tesi è ufficialmente a rilegare, quindi ormai quello che c'è scritto c'è scritto (anche se temo le sue pagine siano l'impero dei refusi). Dovrebbero esserci a seguire la consegna in segreteria, la consegna al prof e infine la discussione (che spero sia a breve).
Che dire, mi sento un po' "inutile" abituata com'ero a dover sempre pensare alle correzioni, al contenuto, al reperire i materiali, insomma, a tutta questa aonia durata quasi due anni (non perché io sia ritardata ma perchè è stato veramente un lavorone). Sì, ora me la devo studiare per la discussione...però mi sento che il più sia fatto...e, è buffo a dirsi, ma credo mi mancherà tutto questo. Come impiegherò le mie giornate? Come si può vivere senza l'angoscia della tesi? Senza pensare di dove andare in biblioteca? Senza tutte quelle fotocopie sparse per tutta la stanza?
Ho sempre 6 mesi buoni di servizio civile (ahimè) e dovrò recuperare tutti quei giorni di servizio(tantissimi a dire la verità) persi a causa della tesi.
Forse questo contribuirà in parte a tenermi la mente impegnata.
Questo per il momento è tutto.
Per i prossimi aggionamenti al riguardo restate sintonizzati su questa rete.
martedì 18 marzo 2008
Spettacolo in unico atto
Il mio ragazzo sostiene che le prime cose a colpirlo di me furono lo sguardo e la mia innata capacità di essere catalizzatrice di situazioni bizzarre, nel senso che, se c'è un pazzo nel raggio di un km, questo viene a piazzarsi proprio di fronte a me o, peggio, se deve accadere una situazione strana, assurda o particolarmente sfigata, questa avviene sempre e comunque sotto ai miei occhi.
I fatti di oggi, almeno in parte, non lo hanno smentito. Per quanto riguarda lo sguardo, beh, quello non sta a me valutarlo...
Già a cose normali, a partire dalle 17 in poi, le strade nei dintorni di casa mia diventano un inferno di macchine che si muovono a passo d'uomo, questo dovuto in parte alla congenita e conclamata incapacità di guidare del pistoiese medio (che quado vede giallo al semaforo dei pedoni si deve fermare, formando file incredibili), in parte all'incapacità da parte di chi ci amministra di gestire il traffico e, da ultimo ma non per ultimo, dal fatto che vivo in una zona a ridosso del centro. Il normale ingorgo del rientro poi diviene una cosa quasi insostenibile se per puro caso cadono anche solo due gocce di pioggia(com'è noto il pistoiese odia bagnarsi).
Ebbene, oggi dopo 3 settimane durante le quali non ho potuto farlo a causa della labirintite, oggi ho deciso di andare a farmi una passeggiata cn Arturo.
A malapena abbiamo messo il naso fuori che un pandino ci passa davanti per poi inchiodare e mentre penso "ecco il tonfo"...il tonfo arriva!!
Non so come mai ma quando due macchine picchiano fra di loro il rumore che fanno mi ricorda quello che fa una bottiglia d'acqua diplastica che viene piegata per essere gettata nella spazzatura.
Stavolta però il rumore è più forte e a quello si unisce il classico suono di vetri e plastiche rotte.
In meno di un istante siamo lì, ad ammirare un pasticcio di 4 macchine (che adesso occupano lo spazio di due): una panda, due utilitarie e un jeeppone, tutte incastonate l'una nell'altra, dalle quali escono in sequenza i seguenti personaggi:
a) il Tamarro, 20 anni circa, autista della Panda che è arrivata per ultima e ha tamponato le altre, gilet della ditta e berretto di lana da questiere nero della west cost.
b) il Bambino, divisa granata, parastinchi, calzettoni lunghi e scarpe da ginnastica.
c) il Trentenne. Attonito, abulico.
d) La Donnina, autista del jeeppone: ho detto tutto.
e) L'Imberbe. 19 anni circa, probabile primo incidente in macchina, sangue che cola dal naso su viso bianco dallo spavento. Anzi, lui non scende di macchina. Gli sportelli della macchina non si aprono più. Gli aprono da fuori.
3 secondi e i marciapiede si riempiono di curiosi, più numerosi del solito. Il fatto è che lì davanti c'è proprio un ambulatorio medico. Una bella fortuna per i pazienti che stavano lì in sala d'attesa a rompersi le palle, con un "Gente" di 8 mesi fa talmente consunto che non si possono più leggere gli intrighi dell'estate 2007.
Nemmeno a dirlo, i primi spettatori a procacciarsi un posto in prima fila son i vecchietti, per la maggior parte fuoriusciti proprio dall'ambulatorio medico: ovviamente, loro che fino a due minuti fa lamentavano malattie inguaribili, al rumore del tonfo sono corsi in strada scattanti come maratoneti e ora fanno a gomitate per avere una visuale migliore.
E ora che abbiamo un pubblico, dei protagonisti e una situazione, lo spettacolo può andare in scena.
Appena sceso di macchina, il Tamarro si accende la sigaretta e guarda il panino di macchine girottolando nervosamente, con aria da "Sono stato io a combinare tutto questo casino??" Il Trentenne lo guarda fra il sardonico e il rassegnato, da uomo che ne ha talmente viste tante nella vita che ormai non c'è nient'altro da fare che "chiamare i vigili". Appena proferite queste parole, la Donnina, che guidava il suvvone (con baby calciatore dentro), sclera. Dice che i vigili sono incompetenti, che la colpa è tutta dell'ultimo della fila,che lei, poverina, ha solo frenato perchè c'era la fila e che ora ha furia perchè ha tante cose da fare "quindi io prendo e me ne vado" (ma è trattenuta dal trentenne che la guarda con aria truce: "se fai per andartene, brutta stronza, ti piglio a badilate la macchina" sembrano voler dire i suoi occhi.
Già...Facile per lei, che guidava quella specie di arrogante mezzo cingolato da città che non ha subito alcun danno. Comunque, in quanto donna alla guida di un suv, io la includo fra i maggiori sospettati: deve per forza averci messo del suo a provocare l'incidente.
Intanto il Tamarro spalanca le braccia: "ho frenato ma ho visto troppo tardi..."la Donnina continua a urlare, qualcuno fra le fila degli spettatori, forse una comparsa, fa il battutone ridacchiando "e ora l'ultimo paga per tutti."
Nel frattempo nessuno si cura dell'Imberbe che, sceso di macchina tutto sanguinolento, se ne sta zitto zitto e dice, rivolto a me "ah, io non so come levarla la macchina da qui". Gli suggerisco di andare al pronto soccorso: il colpo di frusta è sempre dietro l'angolo, non si sa mai.
Lo sguardo odioso che mi rivolgono all'unisono la Donnina e il Tamarro mi fanno capire che era molto, ma molto meglio se me ne restavo zitta.
A complicare il tutto, ecco che arriva, in perfetto ridardo, l'autobus delle 17.00 che in tutto quel casino resta imbottigliato e le macchine non passano più.
Un omino scende dalla propria vettura e, in un delirio di onnipotenza, si improvvisa vigile per dirigere il traffico a senso alterno,creando più casino che mai e provocando persistenti e fastidiosi strombazzamenti di protesta.
La situazione sta diventando troppo caotica per i miei gusti, senza considerare le vecchine arrivate tardi che mi tirano la manica per sapere da me cosa è successo e Arturo che mi tira dall'altra per andare via e proseguire il giro.
"Non c'è niente da vedere" dice una voce profonda da poliziotto americano dentro di me, presumibilmente copiaincollata nel mio subconscio da chissà quale film, e mi allontano. Arturo però si ferma un ultimo istante sul luogo del delitto. Si avvicina alle 4 macchine tamponate, una attaccata all'altra. Infine annusa la ruota posteriore del suv, tira su la zampa e lascia in ricordo una bella pisciatina.
Adoro quel cane, in fin dei conti ha già imparato dalla vita tutto quello che c'è da sapere...
I fatti di oggi, almeno in parte, non lo hanno smentito. Per quanto riguarda lo sguardo, beh, quello non sta a me valutarlo...
Già a cose normali, a partire dalle 17 in poi, le strade nei dintorni di casa mia diventano un inferno di macchine che si muovono a passo d'uomo, questo dovuto in parte alla congenita e conclamata incapacità di guidare del pistoiese medio (che quado vede giallo al semaforo dei pedoni si deve fermare, formando file incredibili), in parte all'incapacità da parte di chi ci amministra di gestire il traffico e, da ultimo ma non per ultimo, dal fatto che vivo in una zona a ridosso del centro. Il normale ingorgo del rientro poi diviene una cosa quasi insostenibile se per puro caso cadono anche solo due gocce di pioggia(com'è noto il pistoiese odia bagnarsi).
Ebbene, oggi dopo 3 settimane durante le quali non ho potuto farlo a causa della labirintite, oggi ho deciso di andare a farmi una passeggiata cn Arturo.
A malapena abbiamo messo il naso fuori che un pandino ci passa davanti per poi inchiodare e mentre penso "ecco il tonfo"...il tonfo arriva!!
Non so come mai ma quando due macchine picchiano fra di loro il rumore che fanno mi ricorda quello che fa una bottiglia d'acqua diplastica che viene piegata per essere gettata nella spazzatura.
Stavolta però il rumore è più forte e a quello si unisce il classico suono di vetri e plastiche rotte.
In meno di un istante siamo lì, ad ammirare un pasticcio di 4 macchine (che adesso occupano lo spazio di due): una panda, due utilitarie e un jeeppone, tutte incastonate l'una nell'altra, dalle quali escono in sequenza i seguenti personaggi:
a) il Tamarro, 20 anni circa, autista della Panda che è arrivata per ultima e ha tamponato le altre, gilet della ditta e berretto di lana da questiere nero della west cost.
b) il Bambino, divisa granata, parastinchi, calzettoni lunghi e scarpe da ginnastica.
c) il Trentenne. Attonito, abulico.
d) La Donnina, autista del jeeppone: ho detto tutto.
e) L'Imberbe. 19 anni circa, probabile primo incidente in macchina, sangue che cola dal naso su viso bianco dallo spavento. Anzi, lui non scende di macchina. Gli sportelli della macchina non si aprono più. Gli aprono da fuori.
3 secondi e i marciapiede si riempiono di curiosi, più numerosi del solito. Il fatto è che lì davanti c'è proprio un ambulatorio medico. Una bella fortuna per i pazienti che stavano lì in sala d'attesa a rompersi le palle, con un "Gente" di 8 mesi fa talmente consunto che non si possono più leggere gli intrighi dell'estate 2007.
Nemmeno a dirlo, i primi spettatori a procacciarsi un posto in prima fila son i vecchietti, per la maggior parte fuoriusciti proprio dall'ambulatorio medico: ovviamente, loro che fino a due minuti fa lamentavano malattie inguaribili, al rumore del tonfo sono corsi in strada scattanti come maratoneti e ora fanno a gomitate per avere una visuale migliore.
E ora che abbiamo un pubblico, dei protagonisti e una situazione, lo spettacolo può andare in scena.
Appena sceso di macchina, il Tamarro si accende la sigaretta e guarda il panino di macchine girottolando nervosamente, con aria da "Sono stato io a combinare tutto questo casino??" Il Trentenne lo guarda fra il sardonico e il rassegnato, da uomo che ne ha talmente viste tante nella vita che ormai non c'è nient'altro da fare che "chiamare i vigili". Appena proferite queste parole, la Donnina, che guidava il suvvone (con baby calciatore dentro), sclera. Dice che i vigili sono incompetenti, che la colpa è tutta dell'ultimo della fila,che lei, poverina, ha solo frenato perchè c'era la fila e che ora ha furia perchè ha tante cose da fare "quindi io prendo e me ne vado" (ma è trattenuta dal trentenne che la guarda con aria truce: "se fai per andartene, brutta stronza, ti piglio a badilate la macchina" sembrano voler dire i suoi occhi.
Già...Facile per lei, che guidava quella specie di arrogante mezzo cingolato da città che non ha subito alcun danno. Comunque, in quanto donna alla guida di un suv, io la includo fra i maggiori sospettati: deve per forza averci messo del suo a provocare l'incidente.
Intanto il Tamarro spalanca le braccia: "ho frenato ma ho visto troppo tardi..."la Donnina continua a urlare, qualcuno fra le fila degli spettatori, forse una comparsa, fa il battutone ridacchiando "e ora l'ultimo paga per tutti."
Nel frattempo nessuno si cura dell'Imberbe che, sceso di macchina tutto sanguinolento, se ne sta zitto zitto e dice, rivolto a me "ah, io non so come levarla la macchina da qui". Gli suggerisco di andare al pronto soccorso: il colpo di frusta è sempre dietro l'angolo, non si sa mai.
Lo sguardo odioso che mi rivolgono all'unisono la Donnina e il Tamarro mi fanno capire che era molto, ma molto meglio se me ne restavo zitta.
A complicare il tutto, ecco che arriva, in perfetto ridardo, l'autobus delle 17.00 che in tutto quel casino resta imbottigliato e le macchine non passano più.
Un omino scende dalla propria vettura e, in un delirio di onnipotenza, si improvvisa vigile per dirigere il traffico a senso alterno,creando più casino che mai e provocando persistenti e fastidiosi strombazzamenti di protesta.
La situazione sta diventando troppo caotica per i miei gusti, senza considerare le vecchine arrivate tardi che mi tirano la manica per sapere da me cosa è successo e Arturo che mi tira dall'altra per andare via e proseguire il giro.
"Non c'è niente da vedere" dice una voce profonda da poliziotto americano dentro di me, presumibilmente copiaincollata nel mio subconscio da chissà quale film, e mi allontano. Arturo però si ferma un ultimo istante sul luogo del delitto. Si avvicina alle 4 macchine tamponate, una attaccata all'altra. Infine annusa la ruota posteriore del suv, tira su la zampa e lascia in ricordo una bella pisciatina.
Adoro quel cane, in fin dei conti ha già imparato dalla vita tutto quello che c'è da sapere...
sabato 1 marzo 2008
Dentro al labirinto
Dunque, la parola "labirinto" di solito porta alla mente immagini simpatiche e gioiose, di misteri bambineschi e castelli incantati. C'è il mitico film Labyrinth dove David Bowie sfoggia il suo bel pacco imbottito, c'è il filo d'arianna, c'è il labirinto da risolvere del corriere dei piccoli, c'è il labirinto del Parco di Pinocchio (NO, QUELLO NON C'E'. ALMENO NON PIU'). In realtà per me labirinto in questi ultimi 5 giorni in cui non sono stata vista quasi da anima viva ha significato un incubo. Una bislacca malattia chiamata "labirintite" (se non sapete cliccate e sarete magicamente trasportati su wikipedia) si è abbattuta su di me. Al di là del nome carino, di carino non ha niente. La testa gira, i coglioni girano di conseguenza, le gambe non ti reggono, ti viene da vomitare come se avessi perennemente mal d'auto. L'unica soluzione è stare con la testa assolutamente immobile nel letto al buio. Anche andare in bagno diventa un'impresa. Sono stata 3 giorni senza mangiare alcunché, visto che la forma presa dalla sottoscritta era alquanto acuta (e te pareva) e 4 giorni senza vedere niente altro che la mia camera in penombra. Non un libro da leggere, una tv da vedere, niente di niente.
Al di là di alcuni sogni deliranti (combattere una guerra contro le tartarughe-ragno e...ugh..mi vergogno pure a dirlo...andare a un concerto di Ivana Spagna), causati, più che da un sonno vero e proprio, dagli effetti collaterali delle medicine, ho avuto ben poco altro da fare. Non ho potuto occuparmi di sistemare le ultime cose della tesi. Non sono andata nè potrò andare a lavoro per diversi altri giorni e questo solleva una spinosa questione, quella della fine dei giorni di malattia messi a disposizione dal benemerito Ministero...gliela farei venire a loro che hanno detto 15 giorni di malattia per i civilisti la labirintite, poi mi raccontano..
Comunque al di là di tutto devo dire che questa malattia del cavolo, privandomi brevemente di qualsiasi distrazione esterna, mi ha fatto riflettere a lungo. E mi ha fatto apprezzare tutto quello che a cose normali (quando cioè non soffro di labirintite) possiedo. Tutto alla fine è speciale, anche alzarsi dal letto e poter scrivere due righe su un blog, telefonare a un amico, attendere che gli amici ti vengano a trovare, ricevere un sms dal tuo ragazzo...sì vabbè, non è che questa sia la pubblicità dell'unieuro con Tonino Guerra sull'ottimismo...comunque davvero ho riapprezzato tutto. E ho scoperto che mi mancano tante cose, cose normalissime ma che fino a una settimana fa non le pensavo nemmeno proprio perchè le ritenevo banali. Fra queste:
1) Fare una bella zingarata primaverile, appena arriva la primavera quella vera, e mangiare bomboloni fritti (sempre che l'Angelina e Crampo ci stiano, sennò che zingarata è?)
2) Fare una bella cenona devastante con tutti ma proprio tutti tutti.
3) Giocare a risiko 10 ore di fila e porcaputtana vedere se almeno una volta riesco a vincere
4) Portare il mio cane a fare una passeggiata in campagna
5) Andare a vedere qualche mostra bislacca di artisti contemporanei (per questo ci vuole l'angela o la laura)
6) Fissare le ferie col mio ragazzo (non dico partire eh, dico FISSARE, cazzo, mi accontento di poco!!)
7) Portare finalmente il mio ragazzo a cena dalla Peppina
Beh, spero vi siate goduti questo post perchè ci ho messo un tempo indicibile e una grande fatica a scriverlo visto che ogni due minuti mi dovevo firmare...e sì, forse ne potevo fare a meno, ma almeno stando sveglia ho evitato di risognare Ivana Spagna!!
domenica 24 febbraio 2008
Quando il tuo nemico prende l'eurostar con te
Ammetto, e coloro che mi conoscono posso confermare, che già a cose normali la mia soglia di sopportazione delle altrui persone è bassissima. Tale soglia tuttavia è solitamente più bassa in particolari situazioni che mi rendono più nervosa del solito: possono essere la fame, la stanchezza, la pipì, qualcosa che mi è andato storto, oppure se sono in ritardo. In tal caso per farsi odiare da me basta un solo passo falso, anche impercettibile (lo sanno bene ad esempio tutti i trattori o mezzi pesanti percorrono lenti il Serravalle la mattina quando sono in ritardo per andare a lavorare).
Trovandomi, per via di strani araberschi del destino, a prendere treni a lunga percorrenza per lo meno ogni due settimane mi rendo conto che sono molti, tantissimi gli atteggiamenti di coloro che viaggiano sul treno con me che mi fanno imbestialire.
Ecco, siccome son appena tornata da un viaggio piuttosto irritante in eurostar colgo l'occasione, cavalcando l'onda della mia stessa ira schiumante, di scrivere qui di seguito le cose che la gente dovrebbe evitare di fare in treno per non avere la qui presente come acerrima nemica.
1) MANGIARE I MANDARINI. Questa, seppure non sia la cosa più irritante, la metto al primo posto perchè è la cosa che mi capita più spesso di notare. Allora, ok, i mandarini son buoni, si trasportano facilmente etc etc...ma i loro olii essenziali o quel che cavolo che hanno dentro scatenano un odore sì buono ma intensissimo e assai persistente che invade la carrozza ed è destinato a non svanire mai, tatuandotisi nelle narici fino a darti la nausea.
2)per lo stesso motivo cito di seguito: METTERE PROFUMI FORTI, TROPPO DOLCI O TROPPO INTENSI. Sarà che io non li sopporto a cose normali, sia negli uomini che nelle donne, figurarsi in un treno a lunga percorrenza! Questi profumi, credetemi, possono portare un innocente viaggiatore alla furia omicida in meno di un'ora.
3) ALZARSI CONTINUAMENTE PER ANDARE AL BAGNO/BAR/IN GIRO se si ha il posto finestrino. Ma vi rendete conto quando rompete le scatole a me col posto corridoio che ogni volta mi devo alzare per farvi passare? Cavolo, non sapete star fermi?
4) Un po' meno frequente ma sicuramente fra le cose più irritanti: chiedere "Scusi, sa, io vorrei stare accanto a: mio marito/mio figlio/il mio fidanzato/la mia amica/mia nuora/ il mio vicino di pianerottolo (scegliere l'alternativa che più si addice alla vostra casistica)...POSSIAMO FARE A CAMBIO DI POSTO?" Quando tu ti sei già accomodata, hai posato la valigia, ti sei tolta il cappotto e hai acceso il portatile sulla tua legittima poltroncina e quando glielo fai notare quelli fanno una smorfia di dolore come li avessi condannati a morte.
4) Ecco la cosa che mi fa letteralmente svalvolare!!! Quando arrivi a prendere il treno a pelo, sali tutta trafelata e ansimante, giungi con una valigia da un quintale alla tua legittima poltroncina prenotata di cui sopra e ci trovi seduto un altro passeggero che magari si è già tolto le scarpe, accomodato, accoccolato e ha pure già fatto la forma delle sue chiappe sul tuo sedile. Al che tu gli fai ovviamente notare: "guardi, quel posto era mio, prenotato" (facendo seguire alle parole lo sventolamento sotto il naso del biglietto con tanto di prenotazione). Questo risponde SEMPRE, con voce arrochita dal sonno illegittimamente consumato sulla tua poltroncina "eh guardi, può fare a cambio col mio, mi son seduto qui per stare accanto a mio cugino/mio fratello/la mia donna delle pulizie/ il mio verduraio di fiducia (scegliere l'alternativa che più vi aggrada). E' il posto 37". Riprendi la valigia e vai al posto 37. Lo trovi occupato da un altro tizio. Ripeti la trafila. Quello ti dice che è venuto lì a sedersi perchè il suo posto l'ha trovato occupato da una portoghese e che non è riuscito a spiegarle che quel posto era suo ma che comunque secondo lui alla portoghese spettava il sedile numero 40. Giunta al sedile numero 40, finalmente lo trovi vuoto. Ti metti a sedere esausta, ti sistemi, ti accoccoli e il treno parte. Arrivati a Bologna immancabilmente sale sul treno il legittimo proprietario della poltroncina che stai abusivamente occupando. Vagli a spiegare che il tuo posto era occupato da un tizio che avrebbe fatto a cambio con te ma che lì ci si era già messo un altro perchè ha trovato a sua volta il suo posto occupato...fai molto prima a metterti in piedi, sgranchirti le gambe e farti la tratta Bologna-Firenze in piedi fra le due porte, che almeno lì c'è aria e si respira e non c'è puzzo di mandarino o di profumi troppo intensi.
Trovandomi, per via di strani araberschi del destino, a prendere treni a lunga percorrenza per lo meno ogni due settimane mi rendo conto che sono molti, tantissimi gli atteggiamenti di coloro che viaggiano sul treno con me che mi fanno imbestialire.
Ecco, siccome son appena tornata da un viaggio piuttosto irritante in eurostar colgo l'occasione, cavalcando l'onda della mia stessa ira schiumante, di scrivere qui di seguito le cose che la gente dovrebbe evitare di fare in treno per non avere la qui presente come acerrima nemica.
1) MANGIARE I MANDARINI. Questa, seppure non sia la cosa più irritante, la metto al primo posto perchè è la cosa che mi capita più spesso di notare. Allora, ok, i mandarini son buoni, si trasportano facilmente etc etc...ma i loro olii essenziali o quel che cavolo che hanno dentro scatenano un odore sì buono ma intensissimo e assai persistente che invade la carrozza ed è destinato a non svanire mai, tatuandotisi nelle narici fino a darti la nausea.
2)per lo stesso motivo cito di seguito: METTERE PROFUMI FORTI, TROPPO DOLCI O TROPPO INTENSI. Sarà che io non li sopporto a cose normali, sia negli uomini che nelle donne, figurarsi in un treno a lunga percorrenza! Questi profumi, credetemi, possono portare un innocente viaggiatore alla furia omicida in meno di un'ora.
3) ALZARSI CONTINUAMENTE PER ANDARE AL BAGNO/BAR/IN GIRO se si ha il posto finestrino. Ma vi rendete conto quando rompete le scatole a me col posto corridoio che ogni volta mi devo alzare per farvi passare? Cavolo, non sapete star fermi?
4) Un po' meno frequente ma sicuramente fra le cose più irritanti: chiedere "Scusi, sa, io vorrei stare accanto a: mio marito/mio figlio/il mio fidanzato/la mia amica/mia nuora/ il mio vicino di pianerottolo (scegliere l'alternativa che più si addice alla vostra casistica)...POSSIAMO FARE A CAMBIO DI POSTO?" Quando tu ti sei già accomodata, hai posato la valigia, ti sei tolta il cappotto e hai acceso il portatile sulla tua legittima poltroncina e quando glielo fai notare quelli fanno una smorfia di dolore come li avessi condannati a morte.
4) Ecco la cosa che mi fa letteralmente svalvolare!!! Quando arrivi a prendere il treno a pelo, sali tutta trafelata e ansimante, giungi con una valigia da un quintale alla tua legittima poltroncina prenotata di cui sopra e ci trovi seduto un altro passeggero che magari si è già tolto le scarpe, accomodato, accoccolato e ha pure già fatto la forma delle sue chiappe sul tuo sedile. Al che tu gli fai ovviamente notare: "guardi, quel posto era mio, prenotato" (facendo seguire alle parole lo sventolamento sotto il naso del biglietto con tanto di prenotazione). Questo risponde SEMPRE, con voce arrochita dal sonno illegittimamente consumato sulla tua poltroncina "eh guardi, può fare a cambio col mio, mi son seduto qui per stare accanto a mio cugino/mio fratello/la mia donna delle pulizie/ il mio verduraio di fiducia (scegliere l'alternativa che più vi aggrada). E' il posto 37". Riprendi la valigia e vai al posto 37. Lo trovi occupato da un altro tizio. Ripeti la trafila. Quello ti dice che è venuto lì a sedersi perchè il suo posto l'ha trovato occupato da una portoghese e che non è riuscito a spiegarle che quel posto era suo ma che comunque secondo lui alla portoghese spettava il sedile numero 40. Giunta al sedile numero 40, finalmente lo trovi vuoto. Ti metti a sedere esausta, ti sistemi, ti accoccoli e il treno parte. Arrivati a Bologna immancabilmente sale sul treno il legittimo proprietario della poltroncina che stai abusivamente occupando. Vagli a spiegare che il tuo posto era occupato da un tizio che avrebbe fatto a cambio con te ma che lì ci si era già messo un altro perchè ha trovato a sua volta il suo posto occupato...fai molto prima a metterti in piedi, sgranchirti le gambe e farti la tratta Bologna-Firenze in piedi fra le due porte, che almeno lì c'è aria e si respira e non c'è puzzo di mandarino o di profumi troppo intensi.
lunedì 18 febbraio 2008
Nel ventre del tunnel
Non sono mai stata una persona particolarmente avventurosa o coraggiosa.
Mio padre invece, essendo il contrario di me, mi ha sempre spronato, dicendomi di tentare, di buttarmi, di non aver paura. Un insegnamento un po' singolare, se si pensa ai genitori di oggi iperprotettivi che coi loro cazzo di Suv nelle ore di punta parcheggiano davanti all'entrata delle scuole private cattoliche "Le Mantellate" bloccando il traffico a tutti gli altri comuni mortali che si trovano a passar di lì per pura sfiga. (quando a me a volte mi facevano tornare a casa da scuola a piedi, genitori snaturati!!) Comunque, non divaghiamo sulla mia acredine genetica verso i suv ele scuole cattoliche...
Tornando alla mia infanzia, sono sempre stata fifona ma, alla luce degli insegnamenti di mio padre e del fatto che gli altri bambini facevano con tanta naturalezza cose che a me mettevano una paura boia, ho sempre cercato anche io di vincere le mie paure.
A volte i miei mi portavano in un piccolo parco giochi vicino all'allora casa nostra, che, accanto ai consueti scivolo-altalena-giostrina aveva come attrattiva una specie di montagnola artificiale un po' difficile da descrivere.
Dunque, c'era (e c'è ancora) questa montagnola di terra abbastanza alta. Il suo interno, così come la sua sommità, sono cavi.
Alla base 4 tubi in cemento armato (di quelli stile parco di kiss me licia, per intendersi) che conducono tutti al centro, dove è stata ricavata una specie di "stanza" nel cuore della montagnetta, con le piccole pareti in cemento armato, che prende luce dalla sommità aperta della montagnola stessa.
Insomma, non so se mi sono spiegata ma ho fatto il meglio che potevo.
A tutti i bambini del parco la montagnola pareva un gioco straganzo, ci smattavano proprio per quel cavolo di coso, ci andavano tutti e mio padre mi incitava a fare altrettanto (facile eh, per lui, ci mandava me che ero una bambina minuta perchè lui che è alto 1 e 90 non ci passava mica da quei tubi!!) Io per non deluderlo e per non deludere me stessa ci andavo. Ma a me la montagnola non piaceva per niente, anzi, a me quei tubi facevano stracagare. Primo, erano tutti sporchi. Secondo, puzzavano di piscio che facevano schifo. Terzo: mentre passavo per quel tubo stretto stavo malissimo, avevo paura di rimanere incastrata e di non riuscire a uscire. Quarto: il tubo era troppo buio e vedevo solo un chiarore in lontananza, quello della "stanzetta" centrale.
Ricordo ancora oggi l'angoscia di percorrere gattoni quei cavolo di tubi pisciosi (già, ma poi chi era che riusciva a pisciare dentro a quei tubi? mah, un giorno me lo dovranno spiegare), la paura di non farcela, il primo sospiro di sollievo misto a un senso di intrappolamento quando giungevo alla stanzetta centrale per poi ripartire facendo il percorso a ritroso e essere finalmente fuori dalla montagnola della paura.
Perché questo ricordo? Perchè è come mi sento adesso. In un cunicolo stretto e buio, con solo un piccolo barlume alla fine, senza possibilità di fermarmi o tornare indietro. Stretta fra il lavoro, gli impegni e questa cazzo di tesi che mi soffoca.
Mi domando se tanti si siano sentiti così a meno di un mese dalla consegna del malloppo, o se forse sono io a dare troppo peso a cose insignificanti, nella fattispecie giochi da bambini, servizi civili o tesi...
Che ne sarà di me una volta laureata? cosa troverò fuori dal tunnel? Spero che almeno il puzzo di piscio passi.
lunedì 11 febbraio 2008
Sognando le vacanze
Ultimamente purtroppo sono sempre di corsa e ho pochissimo tempo per scrivere qui ma prometto che presto tornerò con alcuni articoli pungenti che ho in cantiere.
Per il momento beccatevi sta foto malinconica scattata a Tibidabo, Barcellona, in un giorno di pioggia lo scorso agosto. Vorrei che fosse ancora estate, vorrei essere ancora là, senza pensieri, senza stress...Beh, per fortuna a volte basta un ricordo, un afoto per farci sentire ancora in vacanza...
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